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Durante la trasmissione televisiva “Ballarò” condotta da Giovanni Floris, andata in onda martedì 4 maggio avente come tema “I nodi della maggioranza”, si stava discutendo del governo del Paese tra divisioni interne, inchieste, testimonianze e smentite su una “casa davanti al Colosseo” acquistata dal Ministro dello Sviluppo Economico Claudio Scajola.
Argomento questo di normale discussione, quando ad un certo punto Massimo D'Alema, uno degli ospiti della trasmissione, comincia a fare il moralista su Claudio Scajola mentre il giornalista e condirettore de “Il Giornale”, Alessandro Sallusti, suo interlocutore, gli ricorda pacatamente e di tutta battuta, lo storico scandalo di “Affittopoli” [1] in cui D’Alema fu coinvolto e pertanto non era il caso di fare il moralista sulle case degli altri.
Massimo D’Alema esplode in diretta. Mai aveva urlato in quel modo.
Insulta pubblicamente il giornalista dicendogli:
“Vada a farsi fottere, lei è un bugiardo e un mascalzone”.
E durante l’acceso battibecco continua ad offendere:
“Io capisco che la pagano per venire qui a fare il difensore d’ufficio del governo”
“Io capisco che è sul libro paga di Berlusconi e della famiglia Berlusconi”
“Le daranno un premio per questo numero. Le manderanno qualche signorina”
“Però, capisco che lei deve guadagnarsi il pane, ma questo modo è vergognoso”
“Ma io non la faccio più parlare, è finita la sua serata”
“Lei è un bugiardo. Lei è un provocatore”
Una caduta di stile senza precedenti.
E meno male che D'Alema era partito pacato rassicurando il pubblico, in apertura di trasmissione, affermando: ”Non siamo qui a celebrare processi”.
Anche se poi, annunciando in pubblico in modo solenne eventi funesti, aveva avvertito:
“Dobbiamo stare attenti perché la politica ha subìto un collasso agli inizi degli anni ’90, perché era diventata un intreccio con gli affari e qui si ravvedono gli stessi sintomi”.
Questa è una storia che fa fatto infuriare Massimo D’Alema. Tanti ormai avevano già dimenticato o non conoscevano affatto l’argomento perché tanto tempo è passato. Adesso la storia della “casa di Via Musolino a Trastevere” la conoscono tutti, grazie soltanto a lui.
Insulti davanti a milioni di telespettatori.
La sua condotta ha compromesso la dignità professionale.
LA REAZIONE
“La scarsa considerazione - ma è un eufemismo - per il lavoro e il ruolo dei giornalisti è ormai pensiero dominante nella nostra classe politica. Il turpiloquio e le offese davanti alle telecamere di Ballarò dell'on. Massimo D'Alema - giornalista anch'egli - nei confronti del condirettore del Giornale, Alessandro Sallusti, è purtroppo sintomo di un disprezzo che va al di là dei colori politici. Se a questo si aggiunge la fine della cronaca giudiziaria decretata con il voto di ieri della Commissione Giustizia del Senato, si ha un quadro del baratro in cui sta precipitando l'informazione in Italia. E poi ci chiediamo perché nelle valutazioni internazionali sulla libertà di stampa l'Italia sia al 49esimo posto, appena prima del Benin”.
(Tutti uniti contro i giornalisti - 07.05.2010 - odg.it)
LA NOSTRA CONCLUSIONE
C’era una volta una bella e giovane volpe che cadde disgraziatamente in una tagliola. Riuscì a fuggire ma gran parte della coda rimase nella tagliola.
Si sa che la bellezza delle volpi è appunto nella coda, e pertanto si vergognava di farsi vedere in giro con la coda mozzata.
Gli animali che la conoscevano ebbero pietà e le costruirono una coda di paglia.
Tutti mantennero il segreto tranne un “galletto” che rivelò la confidenza a qualcuno fino a quando la cosa fu saputa dai padroni dei pollai, i quali per dispetto accesero un po' di fuoco davanti ad ogni stia.
La volpe, per paura di bruciarsi la coda, da quel momento evitò di avvicinarsi alle stie.
[1] Lo scandalo colpì la scena italiana nella seconda metà del 1995 e il primo a parlarne fu Il Giornale, nell’estate del 1995.
Il problema nacque quando, alla fuga di tale notizia, corrispose un coinvolgimento generale di parlamentari, senatori e politici locali, oltre 30 inquilini privilegiati appartenenti ad entrambi gli schieramenti.
Il meccanismo è così semplice che anche nel 2007 L’Espresso ha denunciato il continuare di tali pratiche, anche a carico di personaggi ritenuti eticamente validi, ma pur sempre costretti ad essere politici e come tali privilegiati.
Lo scandalo del 1995 coinvolse, tra i tanti, D’Alema, Veltroni, Casini, Mastella, Tatarella e De Mita, rei di aver abitato in case quasi lussuose dalle metrature astronomiche pagandole prezzi irrisori.
Le cifre diffuse ai tempi da quotidiani come Repubblica o Il Giornale si attestano su circa Euro 600-800 per valori affittuari superiori agli Euro 2000. Il segreto, l’uso incondizionato dell’equo canone, riservato in realtà a famiglie in difficoltà per l’affitto delle case popolari.
Lo scandalo del 2007, di minor portata, riguarda invece l’acquisto vero e proprio di abitazioni di lusso. Il settimanale L’Espresso dedicò una copertina e un’edizione intera al riproporsi del fatto, dimostrando che in realtà nessuno ha mai smesso di utilizzare equo canone e acquisti agevolati riservati ai cittadini per i propri affari immobiliari. Anche in questo caso nomi importanti da Marini a Cossiga, poi ancora Mastella, e Violante, Bonanni e Casini.
In entrambi i casi nessun indagato e nessuna inchiesta conclusa. Forse ci illudiamo che con gli stipendi elevati, e i rimborsi spese, e i regali, un politico italiano possa almeno conservare i principi Repubblicani dell’etica e della giustizia. Ma nessuno dei citati ha mai ammesso nulla, e ha mai rinnegato niente. Tutto normale nel paese della Casta.