TOTTA e DYLAN

La casta

















Aerei di Stato che volano 37 ore al giorno, pronti al decollo per portare Sua Eccellenza anche a una festa a Parigi. Palazzi parlamentari presi in affitto a peso d'oro da scuderie di cavalli. Finanziamenti pubblici quadruplicati rispetto a quando furono aboliti dal referendum.


Rimborsi elettorali 180 volte più alti delle spese sostenute. Organici di presidenza nelle regioni più virtuose moltiplicati per tredici volte in venti anni. Spese di rappresentanza dei governatori fino a dodici volte più alte di quelle del presidente della Repubblica tedesco. Province che continuano ad aumentare nonostante da decenni siano considerate inutili. Indennità impazzite al punto che il sindaco di un paese aostano di 91 abitanti può guadagnare quanto il collega di una città di 249mila. Candidati trombati consolati con 5 buste paga. Presidenti di circoscrizione con l'autoblu.

La denuncia di come una certa politica, o meglio la sua caricatura obesa e ingorda, sia diventata una oligarchia insaziabile e abbia allagato l’intera società italiana.

Storie stupefacenti, numeri da bancarotta, aneddoti spassosi nel reportage di due grandi giornalisti.

Un dossier impressionante, ricchissimo di notizie inedite e ustionanti che dovrebbe spingere la classe dirigente a dire: basta.

CHE FUTURO HA UN PAESE DOVE LA FAME DI POLTRONE HA SPINTO A INVENTARE LE COMUNITÀ MONTANE AL LIVELLO DEL MARE?

DOVE IL QUIRINALE SPENDE IL QUADRUPLO DI BUCKINGHAM PALACE?

DOVE UNA "LASAGNETTA AL RAGÙ BIANCO E SCAMORZA" DELLO CHEF DEL SENATO COSTA LA METÀ DI UNA "PASTASCIUTTA" ALLA MENSA DEGLI SPAZZINI?

DOVE CI SONO PARTITI NATI DALLA MUTAZIONE GENETICA DI UNA BOTTEGA DI CUOIO E OMBRELLI?

DOVE CONVIENE FISCALMENTE REGALARE SOLDI A UNA FORZA POLITICA PIUTTOSTO CHE AI BAMBINI LEBBROSI?

CHE FUTURO HA UN PAESE COSÌ?


Rizzoli editore - Milano
Collana Saggi italiani
Anno di pubblicazione: 2007
Formato: 14x22 - rilegato
Pagine: 284

Il metodo antistronzi





















Prefazione di Pier Luigi Celli


Questo libro è dedicato a chi sul posto di lavoro subisce abusi di ogni tipo da parte di superiori e colleghi e a tutti coloro i quali hanno il potere e il dovere (oltre che l’interesse) di cambiare le cose.

In questo volume, di grande leggibilità e al contempo condotto con estrema serietà nei contenuti e ricchezza di esempi, Robert I. Sutton affronta il problema del mobbing da un punto di vista originale: le conseguenze economiche che esso provoca alle aziende.

Gli
stronzi - un termine che non consente eufemismi, come sostiene l’autore - provocano danni enormi non solo alle loro vittime ma anche alla performance aziendale nel suo complesso, a tutti quelli che ne subiscono di riflesso gli effetti e, non ultimo a se stessi. Le conseguenze, in termini economici, emergono dagli studi effettuati negli Usa e in Europa sui costi derivati dell’aumento del Turnover (il 25% delle vittime del bullismo e il 20% di chi semplicemente vi assiste lasciano il posto di lavoro), dall’assenteismo, dal calo della dedizione al lavoro.

Sutton non si limita però alla sola analisi della situazione ma fornisce, in termini chiari e inequivocabili, suggerimenti pratici sia ai dipendenti che ai manager per creare un luogo di lavoro vivibile e veramente produttivo.

Ricco di umorismo e di un sano buon senso, ma imbattibile dal punto di vista tecnico-pratico-scientifico pur non essendo un freddo manuale di management.

Il metodo antistronzi
è l’unico testo che può salvarti davvero la vita. Permettendoti anche di non trasformarti in uno di loro. Basta fermarsi in tempo.

NOTE BIOGRAFICHE

Robert I. Sutton è titolare a Stanford della cattedra di tecnica aziendale innovativa.
Laureatosi in psicologia applicata al posto di lavoro, ha creato lo Stanford Technology Venture Program - STVP, mirato al pensiero lineare e multidisciplinare all’interno del marketing.
E’ o è stato consulente per le maggiori aziende americane ed europee, dalla Pepsi alla Nokia, dalla Nike all’IBM.
Autore di altri best-seller (già sotto contratto per Elliot Edizioni), ha rinunciato a pubblicare il suo ultimo libro con la prestigiosa Harvard University Press perché i responsabili editoriali non gradivano il termine “stronzo”, che poi è stato addirittura censurato sulla classifica del New York Times!

Elliot Edizioni - Roma
Collana Antidoti
Anno di pubblicazione: 2007
Formato: 14,5x21,5
Pagine: 224

Traduzione di Fabrizio Saulini


Links utili: metodoantistronzi.splinder.com - bobsutton.typepad.com

3 - La statua di cartapesta più alta del mondo

L’utilizzazione per finalità artistiche della cartapesta - materiale leggero, versatile, di facile lavorazione, noto in Italia nel secolo XVII, soprattutto a Bologna, Venezia e Napoli - si diffonde a Lecce a iniziare dalla metà del Settecento, assumendo caratteristiche di tecnica autonoma.

Tra la fine del XVI secolo e per tutto il XVII secolo, Lecce ha costituito il centro del Mezzogiorno più ricco di insediamenti religiosi, secondo per importanza solo a Napoli. Si comprende quindi come dovesse essere elevata la richiesta di oggetti sacri: in effetti, le “imprese” formatesi nei numerosi cantieri avevano tra i propri collaboratori scalpellini e scultori di chiara fama.

Peraltro, agli inizi del XVIII secolo la richiesta di edilizia sacra diminuì considerevolmente, sicché le maestranze specializzate indirizzarono altrove l’acquisita professionalità. Fu così che scultori come Cesare Penna e Mauro Manieri iniziarono a dedicarsi a opere in stucco e, soprattutto il secondo, all’esecuzione di statue in cartapesta. E’ proprio grazie al Manieri – persona colta e tecnico di fiducia dell’aristocrazia locale, sempre attento a quanto accadeva nella Capitale – che, a quanto sembra, le tecniche “alla moda”, tra cui quella della cartapesta, entrarono a far parte del panorama figurativo leccese.

Inoltre, il ricorso alla cartapesta fu favorito dalla nascita, nella seconda metà del Settecento, di nuove forme di espressione della pratica religiosa collegate alle Confraternite che si manifestavano, in particolare, nei riti professionali della Settimana Santa: a quanto sembra, le statue settecentesche dell’Addolorata e dei Misteri delle processioni tarantine sono state eseguite a Lecce.

Nonostante la diffusione della tecnica della cartapesta, a noi sono pervenute poche opere; inoltre non si ha conoscenza dei nomi dei numerosi cartapestai che, verosimilmente, operarono all’epoca, risultando noti solo alcuni tra questi.

Tra gli stessi, spicca Pietro Surgente, soprannominato “mesciu Pietru delli Cristi”, giacché specializzato nella produzione di “Cristi”. Anche di questo Maestro, “geloso” dei suoi “segreti professionali”, sono rimaste poche opere.

L’arte del Surgente fu tramandata ai cartapestai attivi nel secolo XIX da altri artigiani, che avevano visto all’opera lo stesso, carpendone i segreti. Fu così che, proprio agli inizi di quel secolo, accanto a un gruppo di “barbieri” che si dedicavano alla produzione di pupi da presepio – esposti, come ancora si usa, il 13 dicembre alla fiera di S. Lucia e il 5 maggio a quella di S. Irene – iniziarono a operare alcuni artisti: Antonio Maccagnani, Achille De Lucrezi, Giovanni Andrea De Pascalis e Oronzo Greco. A quest’ultimo (nato a Lecce il 7 febbraio 1810), soprannominato “mesciu Ronzu facce de zita” (maestro Oronzo faccia da sposa), si deve la realizzazione della statua di San Giuseppe Patriarca, commissionata dai padri Gesuiti, per la chiesa di San Francesco alla Scarpa. Ad esecuzione ultimata la statua fu collocata in una nicchia dell'altare maggiore e nella circostanza la chiesa fu dedicata a San Giuseppe Patriarca, mutando la sua originaria intitolazione.


La statua di San Giuseppe Patriarca dopo il restauro

La statua, avente l'altezza di m 5,60, il perimetro massimo di m 6,20 e il peso complessivo di circa q 5,00, è considerata la statua in cartapesta più grande del mondo ed è un’importante testimonianza della produzione in cartapesta della prima metà dell’Ottocento, in considerazione del suo elevato valore plastico ed espressivo. Le grandi capacità artistiche del Greco risultano anche dal fitto panneggio che conferisce alla statua un gusto classico e dalla scelta della monocromia che simula gli effetti plastici della pietra leccese.


La statua di San Giuseppe Patriarca durante il restauro

Notizie e immagini sono tratte da:
Annunziata Piccolo - Magazine Caripuglia - G. LATERZA & Figli Editore, Bari, 1996

2 - La cartapesta

Un tempo tutto il Salento fu un centro molto noto, nel Mezzogiorno, per la sua produzione di statue di cartapesta: non solo presepi, ma anche e soprattutto opere a soggetto religioso.
Pertanto la maestrìa dei cartapestai, con la loro originale tecnica, è stata tramandata di generazione in generazione.

Fasi di lavorazione di una statua di cartapesta

1. Modellatura del capo e delle estremità
La testa, le mani e i piedi, in proporzione all’altezza del personaggio da realizzare, generalmente vengono modellati in terracotta, e così, il cartapestaio oltre a saper modellare la carta, secondo il procedimento stilistico tradizionale, deve essere anche un abile scultore e sapersi preparare i calchi per il suo percorso operativo.


Laboratorio Mina Natali - Copertino, Lecce - deagostiniedicola.it

2. Creazione del bustino e del corpo
La statua prende forma da un manichino creato attorno ad una sottile anima di filo di ferro che funge da sostegno delle braccia, del tronco e delle gambe del personaggio. Poi viene foderata con paglia ricciolina, dando il dovuto spessore e tenuta con lo spago, realizzando pertanto il bustino su cui vengono montati la testa, le mani e i piedi precedentemente realizzati, che dopo l’assemblaggio, vanno a costituire il corpo, la forma della statua.


Laboratorio Mina Natali - Copertino, Lecce - deagostiniedicola.it

3. Fasciatura
Il corpo viene fasciato con strisce di ponnula cioè carta bigia ricavata da stracci, con bassa percentuale di cellulosa, imbevuta di colla di farina tanto da rendere la struttura del personaggio più resistente, in modo da poter far assumere alla statua una voluta postura.

4. Vestizione
Dopo la fase dell’asciugatura e dopo aver fissato la statua su una base di legno provvisoria, inizia la vestizione che consiste nel sovrapporre strato su strato la carta, modellandola per creare i panneggi di varie figure. Questo richiede abilità artistica che i maestri cartapestai hanno ereditato dalla esaltante tradizione.

5. Focheggiatura
Questa è la fase che più si distingue nell’opera del cartapestaio, infatti modella la carta con degli attrezzi di ferro arroventati (aventi l’estremità con forme diverse) dando una ulteriore plasticità alla carta grezza: togliere le grinze, correggere le imperfezioni, levigare ed aumentare la resistenza al panneggio. Questo procedimento fornisce al manufatto un bel colore naturale soltanto per quelle statue che si vogliono lasciare focheggiate.
Importante è questo procedimento che impedisce la tarlatura a causa del deterioramento della statua nel corso degli anni.


Laboratorio Mina Natali - Copertino, Lecce - deagostiniedicola.it

6. Finitura
Per le statue focheggiate, le più tradizionali, non viene applicata la colorazione ma vengono protette con uno strato trasparente di colla animale.
Mentre per le statue colorate vengono applicati colori acrilici indelebili, ed anche qui il cartapestaio manifesta le sue abilità pittoriche dando quel giusto valore cromatico ai particolari del personaggio rappresentato.

Per quanto riguarda la lavorazione delle statue a soggetto religioso, sulla cartapesta focheggiata, si stendono più mani di un particolare gesso per rendere la struttura più compatta; poi la superficie viene minuziosamente levigata fino ad ultimare il lungo processo con la colorazione, attenta e scrupolosa per dare con arte, a madonne, santi e cristi, quella rappresentazione figurativa del culto tradizionale o quella più personalizzata.




La testa, le mani ed i piedi sono in terracotta colorata mentre gli abiti, in cartapesta, sono dipinti con colori acrilici
(esemplari unici: posizioni e colori dipendono esclusivamente dalla scelta operata dall’artista durante l’esecuzione)
Laboratorio Giuseppe De Tommasi - Via dell’Aquilone, 11 - Giorgilorio, Surbo, Lecce

Una bottega da visitare è quella di Claudio Riso, dove si possono apprezzare i suoi lavori, e come la sua innumerevoli erano un tempo le botteghe in cui si lavorava la cartapesta e ancor più i cartapestai che in esse operavano. Dopo un periodo di oblìo, soltanto negli ultimi decenni è tornato a rifiorire questo artigianato artistico per il quale storicamente Lecce è ritenuta il maggior centro in Italia.

Laboratorio Claudio Riso - Via Vittorio Emanuele, 27 - Lecce

1 - Storia di una tradizione

aformadidea.com

Presepio, o nella forma poetica presepe, è un vocabolo che indica la greppia nella stalla e poiché nella greppia nacque Gesù, con questo termine, per estensione, è designata la stalla di Betlemme dove, secondo la tradizione evangelica, ciò accadde.

Presepe quindi è detta la raffigurazione plastica della natività e dell’ambiente circostante, nota genuina e caratteristica del rito cristiano, specialmente cattolico.
Da ciò l’uso antico e tradizionale nel mondo latino di piccoli o grandi presepi allestiti nelle chiese.

La rappresentazione plastica della natività si fa risalire comunque a San Francesco d’Assisi che, nel 1223 a Greccio, per ravvivare la fantasia della povera gente, volle improvvisare, con pastori veri e fedeli esultanti, la scena della Natività rendendo più suggestive le funzioni della notte di Natale.

Dalle chiese l’uso passò poi alle case ed ebbe il massimo sviluppo nel 1600-1700, soprattutto nell’area dell’Italia centro-meridionale. Dalla primitiva ingenuità della scena si giunse a forme scenografiche di popolaresca fastosità.

Figure in terracotta dipinte a mano con vestiti impreziositi
presepenapoletano.it

Una vera fioritura artistica si ebbe nel meridione, a Napoli in particolare, nel XVIII secolo, quando non solo provetti artigiani, ma anche noti scultori si cimentarono nella realizzazione del presepe. Pregevole è quello che occupa una sala intera del Palazzo Reale borbonico di Caserta, composto da oltre 1200 figure in un mirabile impianto scenografico che si anima dei colori e degli ambienti della realtà popolare dell’epoca.

Le statuine policrome, nella storia del presepe, sono state costruite in un primo tempo in legno (come è ancora in uso in alcune zone alpine del nord Italia), successivamente si diffusero figure in cera o in terracotta, come nella tradizione napoletana, abbigliate secondo i costumi della popolazione nel XVII-XVIII secolo.
Nel Salento l’uso di statuine in terracotta si è affiancato a quello di figure in cartapesta, tipiche della mirabile tradizione leccese.

Natività e particolari presepiali in cartapesta
presepenapoletano.it

The story of a tradition

In Italian the word presepio,
poetic presepe, indicates just the crib where Jesus Christ was born in Betlehem, according to evangelical tradition.

So presepe is a plastic reproduction of nativity in its environment, genuine and characteristic note of the Christian custom, particularly catholic. In fact, small and big presepe are built in churches, since ancient times.

The first plastic reproduction of nativity, however, was attributed to St. Francis from Assisi who, in 1223 in Greccio, in order to revive the imagination of poor people, improvised, with real shepherds and exultant believers, the scene of nativity making even more suggestive the Christmas services.

From churches the custom passed to houses and had the greatest diffusion in 1600-1700, especially in the central-southern area of Italy. From the original ingenuity of the scene it reached scenographical figures of popular magnificence.

A true artistic blossom spread in southern Italy, particulary in Naples in the 18th century, when not just skilled craftsmen, but also famous sculptors competed in building presepe. A valuable one fills an entire hall in the Royal Palace in Caserta, made up of over 1200 statues in a wonderful scenographical plant which takes life from colours and surroundings of the popular reality of the times.

The multi-coloured statuettes, in the history of presepe, where once built with wood (as it is still done in some alpine areas in northern Italy), then wax or terra-cotta figures were made, in Naples for example, dressed in traditional customs of 17th-18th centuries. In the Salento area, the use of terra-cotta statuettes goes with that of papier mâché figures, typical of the wonderful tradition in Lecce.

Traduzione di Luisa Magliola

Link utile: www.o-presebbio.com