Prima le rivelazioni di un pentito che ha rivelato l'esistenza di un piano per uccidere lui e la sua scorta, poi l'annuncio shock dello scrittore:
“Lascio l’Italia…”
All'indomani dello sfogo di
Roberto Saviano, stanco della sua vita blindata e sotto scorta, si moltiplicano le reazioni e le manifestazioni di solidarietà, non solo di politici e rappresentanti delle istituzioni, ma anche della gente comune che, sul web, cerca in tutti i modi di contattare e mandare messaggi allo scrittore Napoletano.
La mobilitazione è così vasta che i ragazzi dello staff che gestisce il profilo
Facebook di Saviano hanno dovuto cercare di porre un limite alle richieste di amicizia, sembra che il suo profilo sia stato letteralmente preso d'assalto da chi voleva manifestargli la sua solidarietà o lasciare anche solo un pensiero, una riflessione.
Inoltre, si sono moltiplicati anche i gruppi dedicati allo scrittore campano che hanno proposto ogni sorta di iniziativa:
“Nessuno tocchi Saviano”, che ha raggiunto in data 16 c.m. già più di 13.000 membri, raccogliendo firme per inviare un'appello al Presidente della Repubblica in difesa di Saviano;
“Proponiamo Roberto Saviano per il premio Nobel per la Pace” rende esplicito il proprio scopo fin dal nome.
Spuntano anche i gruppi esteri, dalla Francia alla Spagna, a sostegno dello scrittore.
Decine di pagine web piene di gruppi dedicati a Roberto con migliaia di membri, a testimoniare come la vicenda dello scrittore napoletano abbia coinvolto soprattutto i giovani, i principali utenti dei social network.
Sembra, quindi, che la Rete stia dalla parte di Saviano, che è diventato per molti un simbolo in carne e ossa della legalità che deve essere protetto e tutelato:
“La persona di Roberto Saviano rappresenta per tutti noi un simbolo di speranza per il futuro”, scrivono al Presidente della Repubblica i membri di “Nessuno tocchi Saviano”.
Dopo una così grande reazione tocca ora allo Stato il dovere di proteggere il simbolo Saviano. LA CRONOLOGIA DEI FATTI
L'uscita di “Gomorra”
E' il maggio 2006: il libro di un semisconosciuto scrittore campano esce nelle librerie, con una tiratura di appena 5000 copie. Ma “Gomorr”» attira la gente: in pochissimo tempo vende migliaia di copie. E' la sua natura ibrida ad affascinare: romanzo e documentario, narrazione e fredda descrizione realistica, il libro di Saviano svela agli occhi degli italiani un fenomeno fino ad allora poco conosciuto.
E Roberto comincia a farsi i primi nemici.
Il discorso di Casal di Principe
E' il settembre 2006, “Gomorra” è già un successo ma non così enorme come poi si rivelerà.
Roberto è a Casal di Principe per presentare il suo libro durante l'inaugurazione dell'anno scolastico. E lì, nella terra dei boss, lancia un durissimo attacco contro il “Sistema”: “Schiavone, Iovine, Zagaria: non valete niente. Ragazzi, pronunciate i loro nomi anche qui: non sono di questa terra, la stuprano, la usano. Cacciateli”.
Il discorso di Roberto stupisce, affascina ma fa anche infuriare.
Da quel momento la vita di Saviano cambierà per sempre.
La scorta
E' il 13 ottobre 2006: “Gomorra” sta diventando un caso letterario e Saviano il simbolo della resistenza ai clan, soprattutto dopo il discorso di Casal di Principe. La grande tensione che si crea, però, attorno alla persona di Roberto spinge l'allora Ministro degli Interni, Giuliano Amato, a mettere Roberto sotto scorta e ad allontanarlo per precauzione da Napoli.
Inizia quel giorno una vita sotto scorta che dura da due anni: “Ricordo la telefonata allarmata di un ufficiale dei carabinieri - ha raccontato Saviano a proposito dell'inizio della sua vita sotto scorta - Un collaboratore di giustizia aveva segnalato il pericolo. Non tutti erano dalla mia parte, dalla parte della legalità - dice ancora Saviano - Ricordo che quando uscii di casa circondato dai carabinieri, ci fu qualcuno che mi sibilò alle spalle: "finalmente t'hanno arrestato!"
Saviano oggi ha 29 anni e dice di essersi allontanato da tutti: “Anche da parte di quelli che mi erano vicino c'era una sorta di rimprovero, come se dicessero: ci siamo presi degli schiaffi in faccia per te, per difendere uno spettro”.
Il successo
“Gomorra” diventa un caso letterario mondiale.
Saviano parte per lunghi tour editoriali per presentare il libro, tradotto in più di trenta lingue, in tutto il mondo.
Il New York Times, nel dicembre 2007, inserisce “Gomorra” nella lista dei 100 libri più belli dell’anno.
Roberto Saviano diventa famosissimo, un simbolo della resistenza ai clan che tutti vogliono intervistare o avere in studio.
Il rapporto con i mass media sarà sempre difficile.
Il film
Al Festival di Cannes del 2008 viene ufficialmente presentato “Gomorra”, il film del regista italiano Matteo Garrone tratto dal libro di Saviano. Nel cast, oltre all'attore napoletano Toni Servillo, anche molti ragazzini provenienti dai quartieri più difficili di Napoli. Il film piace subito, anche se è un vero e proprio pugno nello stomaco:.
Vince il Gran Premio della Giuria a Cannes e viene scelto dall'ANICA - Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive e Multimediali - come film italiano in concorso agli Oscar.
Le ultime minacce
Dopo la strage di Castelvolturno, in cui rimasero uccisi sei immigrati, Roberto Saviano decide di tornare allo scoperto: scrive una lettera aperta in cui fa nomi, cognomi e indirizzi dei colpevoli e chiede ai campani di ribellarsi, di denunciare la loro realtà.
Poco dopo un pentito del clan dei Casalesi, Carmine Schiavone (cugino del capo dei Casalesi Francesco Schiavone detto “Sandokan”, diventato collaboratore di giustizia dal 1992), ha rivelato che i boss avevano pronto un piano per uccidere Saviano e la sua scorta entro Natale.
Dembra che Roberto non si libererà facilmente dei poliziotti che lo accompagnano ogni giorno della sua vita.
"Lascio l'Italia"
Dopo la fuga di notizie sul possibile attentato che avrebbe dovuto uccidere lui e la sua scorta entro Natale, Saviano ha deciso di allontanarsi dall'Italia, almeno per un certo periodo: “Penso di aver diritto a una pausa - ha detto lo scrittore - Ho pensato, in questo tempo, che cedere alla tentazione di indietreggiare non fosse una gran buona idea, non fosse soprattutto intelligente. Ho creduto che fosse assai stupido, oltre che indecente, rinunciare a se stessi, lasciarsi piegare da uomini di niente, gente che disprezzi per quel che pensa, per come agisce, per come vive, per quel che è nella più intima delle fibre ma, in questo momento, non vedo alcuna ragione per ostinarmi a vivere in questo modo, come prigioniero di me stesso, del mio libro, del mio successo. ‘Fanculo il successo...”.
“...Voglio una casa. Voglio innamorarmi, bere una birra in pubblico, andare in libreria e scegliermi un libro leggendo la quarta di copertina. Voglio passeggiare, prendere il sole, camminare sotto la pioggia, incontrare senza paura e senza spaventarla mia madre. Voglio avere intorno i miei amici e poter ridere e non dover parlare di me, sempre di me come se fossi un malato terminale e loro fossero alle prese con una visita noiosa eppure inevitabile. Cazzo, ho soltanto ventotto anni!”.
Intanto il pentito smentisce
Carmine Schiavone non ha mai parlato e non è a conoscenza di un piano del clan dei Casalesi per attentare alla vita dello scrittore Roberto Saviano. Queste, in sintesi, le dichiarazioni rese dal pentito dopo che e' stato interrogato, giovedì 16 c.m., dal procuratore aggiunto di Napoli Franco Roberti e dal pm della Direzione distrettuale antimafia Antonio Ardituro.
Immediata la replica di Roberto Saviano che ha dichiarato sfiduciato, in collegamento con il Tg5 dagli studi di “Matrix”: "E' ovvio che un pentito difficilmente ammette di avere ancora rapporti con la criminalità organizzata. Schiavone si è pentito all'inizio degli anni '90 io all'epoca avevo 15 anni. E' difficile che ammetta i rapporti con i clan, non poteva dire altro".
Coraggio Roberto. Non mollare.
Notizie e foto tratte da: lastampa.it