TOTTA e DYLAN

Earthrace


Non è una navicella spaziale ma un eco-motoscafo.

Earthrace è stato varato il 24 febbraio del 2006 ed è stato costruito in 14 mesi (oltre 18.000 ore di lavoro) presso i cantieri di Calibre Boats ad Auckland, Nuova Zelanda. La proprietà è dello skipper neozelandese Pete Bethune.

Nel giugno del 2008 Earthrace ha completato la circumnavigazione del mondo compiendo 24.000 miglia marine in 60 giorni, 23 ore e 49 minuti, battendo il record di velocità.

E’ lungo 24 metri, largo 8,05, pesa 13 tonnellate (23 con il pieno di carburante) e può raggiungere una velocità massima di 40 nodi (46 miglia l'ora). Funziona a biodiesel al 100%, il che significa una riduzione di circa il 78% delle emissioni di CO2 rispetto al normale diesel.

L'equipaggio è composto da 4 persone, ma i posti letto sono 6, per eventuali ospiti una volta in porto.

Con un pieno può percorrere circa 14.000 miglia marine ad una velocità di 25 nodi (29 miglia l'ora).

Lo scafo Earthrace è stato realizzato in carbonio e finito con vernice atossica.

I motori dell'Earthrace sono due Cummins Mercruiser QSC 540 e per il record del mondo la società portoghese SGC Energia ha fornito 180.000 litri di biodiesel.

La costruzione di Earthrace è costata 3 milioni di dollari ed ora… è in vendita.

Generazioni, giovani oltre il deserto



Stefano Zecchi (1945) scrittore, giornalista e docente di Estetica presso l'Università degli Studi di Milano.



Nel rapporto fra generazioni si snoda il cammino verso il futuro. Un rapporto complesso, spesso conflittuale, in cui si ritrova il valore di una cultura, il senso dell’educazione e la maturazione della consapevolezza della propria identità sociale.

I nostri giovani sono diventati oggi un facile bersaglio di molteplici critiche, che vanno da un estremo in cui li si condanna senza scusanti, al polo opposto in cui li si santifica come se fossero le vittime designate di un mondo cinico e baro. A conti fatti, prevale di gran lunga il primo atteggiamento: i giovani sarebbero disimpegnati, adulatori dell’effimero, incolti… e chi più ne ha più ne metta.

Dietro a ogni giovane c’è una famiglia, quindi, è da lì che si dovrebbe incominciare per capire sia qual è il ragazzo che abbiamo di fronte, sia qual è in generale, il suo mondo. Consideriamo, per esempio, la realtà giovanile secolarizzata fino all’università: è un segmento certamente molto parziale, ma altrettanto molto significativo perché in esso è presente la futura classe dirigente del Paese, quella che farà opinione, quella che comunque aspira ad avere un lavoro e un ruolo di primo piano.
Se, insomma, nelle aspirazioni e nelle azioni dei giovani si può cogliere il destino di una società, è a questa realtà giovanile che si deve guardare.

Piaccia o no, è ancora la scelta politica a essere discriminante. Naturalmente una concezione della politica che non rinvia di necessità all’adesione a un partito, ma a un orientamento, a un impegno di prospettiva nel sociale. Quando io ho incominciato a insegnare, 38 anni fa, non c’era dubbio che, almeno da un punto di vista quantitativo, prevalevano i giovani che si impegnavano a sinistra. Da questa generazione è nato il 68 e tutto quello che ne è derivato. Oggi la situazione è completamente mutata. L’area, per così dire, di centrodestra comprende ragazzi molto motivati ad approfondire percorsi culturali un tempo assolutamente marginali. Si pensi ai giovani che hanno risposto agli appelli degli ultimi due pontefici, con un entusiasmo e una volontà di conoscenza del messaggio cristiano, che non ha precedenti nella storia del dopoguerra.

Ci sono poi ragazzi interessati a sviluppare i problemi del liberalismo, dell’etica laica, del principio di libertà dell’individuo di fronte allo Stato. Il liberalismo, prima della caduta del Muro di Berlino, era una parola quasi in disuso adoperata da una parte politica assolutamente marginale. Oggi è al centro del dibattito culturale.

E poi giovani che, con i valori tradizionali della destra, si interrogano sul senso della propria identità, ragionano sul valore della famiglia, sul ruolo della scuola, sul significato della Patria, altra parola su cui era caduta l’interdizione della nostra storia recente.


Sono tutti ragazzi che vogliono maestri veri per riflettere insieme ed essere orientati: e sanno sceglierseli, i maestri, sanno riconoscere quelli che hanno davvero qualcosa da insegnare. Nell’area della sinistra questo non accade: c’è la consapevolezza che i maestri di un tempo sono oggi inservibili rottami. Alla prova della storia è fallita l’ideologia che aveva alzato il Muro di Berlino, è fallita la cultura sessantottina, è morto e sepolto tutto quel ciarpame filosofico che aveva inneggiato ai "figli dei fiori", all’esistenzialismo stile "on the road" di Kerouac, che aveva teorizzato il nichilismo ilare e gioioso, il pensiero debole e altre sciocchezze che tendevano a marginalizzare l’identità della persona, le sue aspirazioni, le sue speranze. Questa cultura fallimentare, a suo tempo presuntuosa e aggressiva, ha creato un deserto per i giovani di adesso che se ne stanno a sinistra. E, come si sa da antiche storie, i pifferai magici hanno facile presa quando suonano tra il vuoto delle idee. Un tempo i giovani di sinistra lottavano per abolire la divisione sociale del lavoro, oggi si entusiasmano quando Grillo chiede che i parlamentari non facciano più di due legislature. Un bel risultato. (Stefano Zecchi - il Giornale - 16.09.2007)

L'ANNULLO periodico A.N.C.A.I. - Sommario n. 168 - 169



SOMMARIO n. 168 - ottobre 2008
Coordinatore/Redattore capo: Alcide Sortino

Dalla sede - Domenico Santona
Pubblicazioni ricevute
La posta
Importante (Elezioni per il rinnovo del Direttivo per il biennio 2009-2010)
L’Ufficio postale di Torino - Italo Robetti - Achille Vanara
XIX, XX, XXI… Tre secoli di marcofilia - Alcide Sortino
Uffici di appoggio imprecisi
Novità nei “Filatelici”
Si ritorna ad una organizzazione su base provinciale
Per i marcofili pignoli
Un interessante annullo di Besano - Adalberto Peroni
Agenzia PT Ministero Africa Italiana
Idroscali con… risvolti marcofili
Milano ufficio centrale
Ufficio postale con… cadavere
La succursale Palermo n. 8 - Andrea Corsini
Locomotive dell’infanzia
Un tuffo nel recente passato
Carellata sugli external (14) - in collaborazione con Lorenzo Olivieri
Gli uffici postali oggi: L’ufficio di Noragùgume
Ricevuta consegna pacco
La mia pagina - Mario Pozzati
A volte ritornano…
Uno strano porto pagato
Barre private
Offertasta n. 168 (riservata ai soci) - Italo Robetti
Pubblicazioni riservate ai soci
Italia / San Marino / Vaticano
Collana di studi sui bolli postali
Altre pubblicazioni
Catalogo 2005 degli annulli speciali meccanici e a mano d’Italia (5^ puntata) - Alcide Sortino
Catalogo degli annulli speciali della Repubblica di San Marino 2003-2005 - Crescenzio Gallo - Alcide Sortino
Catalogo degli annulli speciali della Città del Vaticano - Luciano Braccini


SOMMARIO n. 169 - dicembre 2008
Coordinatore/Redattore capo: Alcide Sortino

Dal Presidente
Convocazione dell’Assemblea Ordinaria dei Soci A.N.C.A.I.
Annuario Soci 2008
Dalla sede - Domenico Santona
Pubblicazioni ricevute
La posta
L’Ufficio postale di Torino - Italo Robetti - Achille Vanara
Pubblicazioni riservate ai soci
Italia / San Marino / Vaticano
Collana di studi sui bolli postali
Altre pubblicazioni
XIX, XX, XXI… Tre secoli di marcofilia - Alcide Sortino
Centenari e cinquantenari di uffici postali
Annulli natalizi
Bolli “fuori ordinanza”
Bolli ovali: ci si dimentica sempre di loro
Scoperta un’altra follatrice BP
Una nuova collezione?
I bolli “Grande cerchio” della città d Varese - Adalberto Peroni
Agenzia “Consorzio neoterapico nazionale”
Ritorniamo sullìAfrica Italiana
Carellata sugli external (15) - in collaborazione con Lorenzo Olivieri
Questo timbro non c’è più
L’ex ufficio di Civitella della chiana
Gli uffici postali oggi: L’ufficio centenario di San Giuliano Nuovo
Postilla su Noragùgume
La mia pagina - Mario Pozzati
Conti correnti postali virtuali
Ricordi…
…E strani strumenti
CMP in varie lingue
Offertasta n. 169 (riservata ai soci) - Italo Robetti
Catalogo 2005 degli annulli speciali meccanici e a mano d’Italia (6^ e ultima puntata) - Alcide Sortino
Catalogo 2006 degli annulli speciali meccanici e a mano d’Italia (1^ puntata) - Alcide Sortino

Il periodico L’ANNULLO non è in vendita ed è riservato ai soci dell’A.N.C.A.I.
La quota associativa per il 2008 è di € 30,00
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Mal'Aria 2009

Non tutti sanno che in alcune aree del nostro Paese si respira aria pesante: composti chimici spesso tossici, in alcuni casi cancerogeni, emessi da fonti industriali.
Tutte sostanze che rendono insalubre l’aria che tanti italiani sono costretti a respirare dove vivono o lavorano.
Da Taranto, la città che convive con l’impianto siderurgico più grande d’Europa, l’ILVA, Legambiente fa partire:

Mal’Aria Industriale
Il libro bianco sull’inquinamento atmosferico da attività produttive in Italia



Polveri sottili, ossidi di azoto e di zolfo, benzene, ozono ma non solo. Agli inquinanti “classici'” che il traffico riversa nelle nostre città, nell’aria che molti respirano in alcune zone d’Italia vanno aggiunti diossine e furani, policlorobifenili, mercurio, piombo o cadmio: composti chimici, tossici e in alcuni casi cancerogeni emessi da fonti industriali. E’ a questo inquinamento che Legambiente dedica quest'anno Mal'Aria, la campagna delle lenzuola bianche annerite dallo smog per chiedere centri urbani più vivibili.

A Taranto, città simbolo di questa edizione, lo stabilimento siderurgico dell'Ilva ha prodotto in un anno il 92% delle emissioni di diossina e il 95% degli Ipa da fonti industriali.

Proprio a Taranto, che ospita il più grande polo siderurgico del nostro Paese e detiene il triste primato della città industriale italiana con l'aria più inquinata, nella mattina di ieri, 17 gennaio, Legambiente ha presentato Mal'Aria industriale - Il libro bianco sull’inquinamento atmosferico dalle attività produttive in Italia e dato il via alla sua storica iniziativa. Lenzuola bianche con la scritta "No allo smog'” sono state esposte ai balconi per essere consegnate tra un mese al Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare Stefania Prestigiacomo affinchè possa valutare di persona la qualità dell'aria che respirano ogni giorno i tarantini.

“All'industria italiana - ha dichiarato Vittorio Cogliati Dezza, Presidente Nazionale Legambiente - chiediamo il coraggio e la lungimiranza necessari a fronteggiare la crisi economica e finanziaria mondiale, investendo in prodotti innovativi, attraverso l’ammodernamento e la messa in sicurezza degli impianti e la riconversione dei cicli produttivi più obsoleti, come previsto dalla normativa europea, garantendo la qualità del territorio e la vivibilità dell'ambiente circostante, elemento che può contraddistinguere il nostro Paese sui mercati internazionali”.

L'ILVA, con i suoi primati nazionali sulle emissioni inquinanti in atmosfera, è finita sul tavolo degli imputati soprattutto per i due record relativi alle emissioni di diossine, furani e idrocarburi policiclici aromatici.
Nel 2007 l'ILVA ha fatto richiesta dell’Autorizzazione Integrata Ambientale - AIA, che dovrà essere rilasciata entro il 31 marzo 2009, provvedimento questo che autorizza l’esercizio di impianti industriali a determinate condizioni garantendo la conformità ai requisiti del decreto legislativo n. 59 del 18 febbraio 2005, di recepimento della direttiva comunitaria 96/61/CE, relativa alla prevenzione integrate dell’inquinamento IPPC - Integrated Pollution Prevention and Control.

“Ci auguriamo - ha aggiunto Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente - che il governo, a cominciare dal ministro dell'Ambiente, presti tutta l’attenzione che merita una brutta storia di inquinamento come quella di Taranto, per indirizzare gli investimenti dell’ILVA, in tempi certi e brevi, verso quelle tecnologie che adeguerebbero lo stabilimento ai migliori standard europei”.

Secondo l'Inventario nazionale delle emissioni in atmosfera dell' ISPRA - Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, nel 2006 in Italia l'industria ha emesso il 95% del totale dell'arsenico scaricato in atmosfera da tutte le fonti, il 90% del cromo, l'87% dei Pcb, l'83% del piombo, il 75% del mercurio, il 72% di diossine e furani, il 61% di cadmio.

Sono stati emesse in atmosfera 388 mila tonnellate circa di ossidi di zolfo (SOx), il 78% delle quali deriva da fonti industriali, soprattutto dalla produzione di energia, mentre il 15% è stato emesso dai trasporti non stradali, prevalentemente marittimi.

Poco più di 173 mila tonnellate di polveri sottili (PM10), emesse per il 28% del totale dalle attività industriali e per il 27% dai trasporti stradali; oltre 1 milione di tonnellate di ossidi di azoto (NOx), il 44% dei quali derivanti dal traffico stradale, mentre il 25% è dovuto all'industria.

Casa d’Arte Futurista Depero

In occasione del Centenario del Movimento Futurista (1909-2009), sabato 17 gennaio riapre al pubblico la Casa d’Arte Futurista Depero. E’ il primo ed unico museo futurista d’Italia, nato da una originalissima visione di Fortunato Depero nel 1957.

Fortunato Depero - Simultaneità (Astrazione dinamica) - 1913/1914
Acquarello su carta - cm 22x16

La Casa d'Arte Futurista Fortunato Depero è la terza sede del MaRT - Museo di arte contemporanea di Trento e Rovereto: l'unico museo futurista d'Italia, con una storia lunga e appassionante. Si ripercorre la storia di un progetto che ha segnato tutta la vita di Fortunato Depero.

Legato intimamente alla storia della città di Rovereto, snodo decisivo per la maturazione del progetto museografico del MaRT, la rinnovata Casa d’Arte Futurista Depero diventa così una delle sedi del Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto.

Il restauro è firmato dall’architetto Renato Rizzi, e il progetto museografico è a cura di Gabriella Belli.

Il visitatore ritroverà lo spirito delle intuizioni originali di Fortunato Depero, che in quelle sale voleva non solo esporre il proprio lavoro (arazzi, tele, giocattoli, grafica) ma anche offrire alla città un luogo dinamico di incontro e formazione. Si potranno anche vedere materializzati alcuni degli scorci delle architetture fantastiche così spesso sognate e disegnate da Fortunato Depero stesso in tante opere.

Fortunato Depero - Bozzetto dell’insegna Casa d’Arte Futurista Depero - 1921/923
Inchiostro di china su carta - cm 31,5 x 21,3 - Rovereto, MaRT

Casa d’Arte Futurista Fortunato Depero
via dei Portici, 38
38068 ROVERETO (TN)
0464.438887
lunedì chiuso / martedì-domenica: 09.00-17.00

Centenario del Movimento Futurista

In occasione del Centenario del Movimento Futurista e della riapertura della Casa d’Arte Futurista Depero, il Circolo Culturale Numismatico Filatelico Roveretano, in collaborazione con il MaRT - Museo di arte contemporanea di Trento e Rovereto - e il Comune di Rovereto Assessorato alla Cultura, per sottolineare l’evento, realizzerà una cartolina ed un annullo filatelico speciale.

Il Manifesto del Futurismo

Il 20 febbraio 1909 Filippo Tommaso Marinetti (1876-1944) pubblica sul quotidiano "Le Figaro" di Parigi un testo dal titolo Le Futurisme, che contiene al suo interno il Manifesto di fondazione del movimento.

L'autore ha un passato di poeta simbolista di cui resta traccia nella prosa del Manifesto, densa di immagini che rimandano nelle prime righe ad un immaginario esotico di stampo decadente. Ma il Manifesto futurista è un inno entusiasta e gioioso alla bellezza nuova della modernità, al dinamismo della vita urbana contemporanea agitata dalle folle e illuminata dalla luce artificiale, alla velocità dei nuovi mezzi di trasporto che cambiano i rapporti con lo spazio e con il tempo.

Il desiderio di rinnovamento radicale è espresso nel Manifesto con grande apertura verso tutte le forme del progresso artistico e tecnologico; il testo è percorso da un furore giovanilistico e aggressivo, animato da sentimenti violentemente nazionalistici e bellicosi; nei confronti delle istituzioni culturali (musei, accademie, biblioteche) l'avversione è totale e il Manifesto è intriso di una sorta di ansia distruttrice nei confronti di tutto ciò che è compromesso con il passato.

Tanto furioso disprezzo nei confronti dell'eredità culturale si comprende meglio se si pensa al peso della tradizione e al clima piuttosto attardato dell'Italia di quegli anni.

L'azione di Marinetti, in quegli anni figura eccezionale di agitatore culturale e regista di tutto il movimento, punta consapevolmente a riportare l'Italia al centro del dibattito artistico europeo più avanzato; la stessa scelta di pubblicare il Manifesto in lingua francese su un quotidiano parigino è da intendersi come un segnale della volontà di raggiungere un pubblico il più vasto possibile.

La traduzione italiana del Manifesto uscì sulla rivista Poesia, fondata da Marinetti a Milano.

È bene ricordare che all'atto della pubblicazione del Manifesto non esiste alcuna opera futurista: il Manifesto fonda il movimento, è un programma, una dichiarazione di intenti intorno alla quale solo in un secondo momento, nei primi mesi del 1910, si raccoglieranno artisti, poeti, musicisti. (italicon.it)

…Allora, col volto coperto della buona melma delle officine - impasto di scorie metalliche, di sudori inutili, di fuliggini celesti - noi, contusi e fasciate le braccia ma impavidi, dettammo le nostre prime volontà a tutti gli uomini vivi della terra:

01. Noi vogliamo cantare del pericolo, l'abitudine all'energia e alla temerità.

02. Il coraggio, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia.

03. La letteratura esaltò fino ad oggi l'immobilità pensosa, l'estasi e il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l'insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno.

04. Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità. Un automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall'alito esplosivo...un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della
Vittoria di Samotracia.

05. Noi vogliamo inneggiare all'uomo che tiene il volante, la cui asta ideale attraversa la Terra, lanciata a corsa, essa pure, sul circuito della sua orbita.

06. Bisogna che i! poeta si prodighi, con ardore, sfarzo e munificenza, per aumentare l'entusiastico fervore degli elementi primordiali.

07. Non v'è più bellezza se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro. La poesia deve essere concepita come un violento assalto contro le forze ignote, per ridurle a prostrarsi davanti all’uomo.

08. Noi siamo sul promontorio estremo dei secoli!... Perché dovremmo guardarci alle spalle, se vogliamo sfondare le misteriose porte dell'Impossibile? Il Tempo e lo Spazio morirono ieri. Noi viviamo già nell'assoluto, poiché abbiamo già creata l'eterna velocità onnipresente.


09. Noi vogliamo glorificare la guerra - sola igiene del mondo - il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna.

10. Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d'ogni specie, e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica o utilitaria.

11. Noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa: canteremo le maree multicolori e polifoniche delle rivoluzioni nelle capitali moderne; canteremo il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri incendiati da violente lune elettriche; le stazioni ingorde, divoratrici di serpi che fumano; le officine appese alle nuvole pei contorti fili dei loro fiumi; i ponti simili a ginnasti giganti che scavalcano i fiumi, balenanti al sole con un luccichio di coltelli; i piroscafi avventurosi che fiutano l'orizzonte, le locomotive dall'ampio petto, che scalpitano sulle rotaie, come enormi cavalli d'acciaio imbrigliati di tubi, e il volo scivolante degli aeroplani, la cui elica garrisce al vento come una bandiera e sembra applaudire come una folla entusiasta.

La lettera dell'artigliere al fronte - F.T. Marinetti, 1919

E’ dall'Italia, che noi lanciamo nel mondo questo nostro manifesto di violenza travolgente e incendiaria, col quale fondiamo oggi il “Futurismo”, perché vogliamo liberare questo paese dalla sua fetida cancrena di professori, d’archeologi, di ciceroni e d’antiquari.

Già per troppo tempo l'Italia è stata un mercato di rigattieri. Noi vogliamo liberarla dagl'innumerevoli musei che la coprono tutta di cimiteri innumerevoli.

Musei: cimiteri!... Identici, veramente, per la sinistra promiscuità di tanti corpi che non si conoscono. Musei: dormitori pubblici in cui si riposa per sempre accanto ad esseri odiati o ignoti! Musei: assurdi macelli di pittori e scultori che vanno trucidandosi ferocemente a colpi di colori e linee, lungo pareti contese!
Che vi si vada in pellegrinaggio una volta all'anno, come si va al Camposanto nel Giorno dei morti..., ve lo concedo. Che una volta all'anno sia deposto un omaggio di fiori davanti alla Gioconda, ve lo concedo... Ma non ammetto che si conducano quotidianamente a passeggio per i musei le nostre tristezze, il nostro fragile coraggio, la nostra morbosa inquietudine. Perché volersi avvelenare? Perché volere imputridire?
E che mai si può vedere, in un vecchio quadro, se non la faticosa contorsione dell'artista, che si sforzò di infrangere le insuperabili barriere opposte al suo desiderio di esprimere interamente il suo sogno?... Ammirare un quadro antico equivale a versare la nostra sensibilità in un'urna funeraria, invece di proiettarla lontano, in violenti getti di creazione e di azione.

Volete dunque sprecare tutte le vostre forze migliori, in questa eterna e inutile ammirazione del passato, da cui uscite fatalmente esausti, diminuiti e calpesti?

In verità io vi dichiaro che la frequentazione quotidiana dei musei, delle biblioteche e delle accademie (cimiteri di sforzi vani, calvari di sogni crocifissi, registri di slanci troncati!...) è, per gli artisti, altrettanto dannosa che la tutela prolungata dei parenti per certi giovani ebbri del loro ingegno e della loro volontà ambiziosa. Per i moribondi, per gl'infermi, pei prigionieri, sia pure. L'ammirabile passato è forse un balsamo ai loro mali, poiché per essi l'avvenire è sbarrato... Ma noi non vogliamo più saperne del passato, noi giovani e forti futuristi!

E vengano dunque, gli allegri incendiari dalle dita carbonizzate! Eccoli! Eccoli Suvvia! date fuoco agli scaffali delle biblioteche!... Sviate il corso dei canali, per inondare i musei!...Oh, la gioia di veder galleggiare alla deriva, lacere estinte su quelle acque, le vecchie tele gloriose!... Impugnate i picconi, le scuri, i martelli, e demolite, senza pietà le città venerate.

I più anziani, fra noi, hanno trent'anni: ci rimane dunque almeno un decennio, per compier l'opera nostra. Quando avremo quarant'anni, altri uomini più giovani e più validi di noi, ci gettino pure nel cestino, come manoscritti inutili. Noi lo desideriamo!
Verranno contro di noi, i nostri successori; verranno di lontano, da ogni parte, danzando su la cadenza alata dei loro primi canti, protendendo dita adunche di predatori, e fiutando caninamente, alle porte delle accademie, il buon odore delle nostre menti in putrefazione, già promesse alle catacombe delle biblioteche.
Ma noi non saremo là... Essi ci troveranno alfine una notte d'inverno - in aperta campagna, sotto una triste tettoia tamburrellata da una pioggia monotona, e ci vedranno accoccolati accanto ai nostri aeroplani trepidanti e nell'atto di scaldare le mani al fuocherello meschino che daranno i nostri libri d'oggi, fiammeggiando sotto il volo delle nostre immagini.

Essi tumultueranno intorno a noi, ansando per angoscia e per dispetto, e tutti, esasperati dal nostro superbo instancabile ardire, si avventeranno per ucciderci, spinti da un odio tanto più implacabile inquantoché i loro cuori saranno ebbri di amore e di ammirazione per noi.
La forte e sana Ingiustizia scoppierà radiosa nei loro occhi. L'arte, infatti, non può essere che violenza, crudeltà ed ingiustizia!

I più anziani fra noi hanno trent'anni: eppure, noi abbiamo già sperperati tesori, mille tesori di forza, di amore, d'audacia, d'astuzia e di rude volontà; li abbiamo gettati via impazientemente, in furia, senza contare, senza mai esitare, senza riposare mai, a perdifiato.. - Guardateci! Non siamo ancora spossati! I nostri cuori non sentono alcuna stanchezza, poiché sono nutriti di fuoco, di odio e di velocità!... Ve ne stupite?... E' logico, poiché voi non vi ricordate nemmeno di aver vissuto! Ritti sulla cima del mondo noi scagliamo, una volta ancora, la nostra sfida alle stelle!

Ci opponete delle obiezioni?... Basta! Basta! Le conosciamo... Abbiamo capito!... La nostra bella e mendace intelligenza ci afferma che noi siamo il riassunto e il prolungamento degli avi nostri. Forse!... Sia pure!... Ma che importa? Non vogliamo intendere!... Guai a chi ripeterà queste parole infami!...

Alzate la testa!...

Ritti su la cima del mondo, noi scagliamo una volta ancora, la nostra sfida alle stelle!...

In seguito, gli artisti Giacomo Balla, Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Luigi Russolo e Gino Severini aderiscono alla proposta di Marinetti, firmando a Milano l’11 febbraio 1910 il Manifesto dei pittori futuristi e l’11 aprile 1910 firmando il Manifesto tecnico della pittura futurista.

Con l'intensa produzione di manifesti programmatici, fino al 1929 con il Manifesto dell’Aeropittura, si definisce l'orientamento teorico e le proposte tecniche del movimento anche per quanto riguarda la scultura, l'architettura, l’urbanistica, il cinema, il teatro, la letteratura, la musica, la moda, fino a trattare questioni di natura puramente politica.

Link utile: Bibliografia futurista

Futurismo in filatelia

Un blocco foglietto di 10 valori da 0,60 euro in netto stile futurista: così l'Azienda Autonoma di Stato per la filatelia e la numismatica della Repubblica di San Marino celebra il Centenario del Movimento Futurista.
L'emissione avverra' il 20 febbraio, a cento anni esatti dall'uscita del Manifesto del Futurismo di Filippo Tommaso Marinetti (1876-1944).

Formato del foglietto: mm 185x143 mm;
Tiratura: 90.000 esemplari;
Stampa: Offset a quattro colori a cura di Joh. Enschedé Stamps BV.

L'autore del foglietto, Franco Filanci, ha scelto una impaginazione di taglio futurista con scritte e illustrazioni sui bordi dove anche la dentellatura si prolunga in curve e linee diagonali e spezzate.

I francobolli propongono i temi dominanti:
il dinamismo, con una sequenza verticale che va dal "Cane al guinzaglio" di Giacomo Balla al "Cavaliere rosso" di Carlo Carrà fino al "Ciclista" di Umberto Boccioni;
l'attualità eroica, con il "Treno armato" di Gino Severini;
il progresso industriale, con la "Centrale elettrica" di Antonio Sant'Elia.

Allo stesso tempo, cita le rinnovate attività espressive:
la pittura, con il collage "Natura morta" di Ardengo Soffici;
la scultura, con "Forme uniche nella continuità dello spazio" di Umberto Boccioni;
la letteratura, con "Le parole in libertà" di Filippo Tommaso Marinetti;
la musica, con gli "Intonarumori" di Luigi Russolo ed un relativo spartito;
lo spettacolo, con la "Serata futurista" riportata in uno schizzo di Umberto Boccioni;
il cinema, fatto a mano, con un fotogramma di "Vita futurista" di Filippo Tommaso Marinetti e Arnaldo Ginna;
gli oggetti, con il "Mobiletto per fumo" di Giacomo Balla.

Citato nella vignetta al centro è uno dei prosecutori del movimento, Fortunato Depero, attivo soprattutto in campo grafico e pubblicitario.

Quando l'albero della neve fiorì di stelle rosse

Sono trascorsi dieci anni dalla scomparsa di Fabrizio De Andrè.

Testimone di quella mentalità degli anni Sessanta e Settanta ha cantato, con una poesia ribelle, per lo più storie di emarginati… trasmettendoci grandi emozioni.

Fra queste è Fiume Sand Creek dedicata ai Nativi Americani.

Si sono presi il nostro cuore sotto una coperta scura
sotto una luna morta piccola dormivamo senza paura
fu un generale di vent'anniocchi turchini e giacca uguale
fu un generale di vent'anni
figlio di un temporale


c'è un dollaro d'argento sul fondo del Sand Creek

I nostri guerrieri troppo lontani sulla pista del bisonte
e quella musica distante diventò sempre più forte
chiusi gli occhi per tre volte
mi ritrovai ancora lì
chiesi a mio nonno è solo un sogno
mio nonno disse sì

a volte i pesci cantano sul fondo del Sand Creek

Sognai talmente forte che mi uscì il sangue dal naso
il lampo in un orecchio e nell'altro il paradiso
le lacrime più piccole
le lacrime più grosse
quando l'albero della neve
fiorì di stelle rosse

ora i bambini dormono nel letto del Sand Creek

Quando il sole alzò la testa tra le spalle della notte
c'eran solo cani e fumo e tende capovolte
tirai una freccia in cielo
per farlo respirare
tirai una freccia al vento
per farlo sanguinare

la terza freccia cercala sul fondo del Sand Creek

Si sono presi i nostri cuori sotto una coperta scura
sotto una luna morta piccola dormivamo senza paura
fu un generale di vent'anni
occhi turchini e giacca uguale
fu un generale di vent'anni
figlio di un temporale

ora i bambini dormono sul fondo del Sand Creek


Nell'estate del 1864 il governo degli Stati Uniti d’America ordinò che tutte le tribù si radunassero in uno stesso luogo, presso un forte dell'esercito, Fort Lyon, nel Colorado.
Gli Cheyenne non ubbidirono.
Perciò il colonnello John Milton Chivington organizzò il terzo Reggimento dei volontari del Colorado, uomini della peggior specie reclutati per cento giorni soltanto, col compito di massacrare quanti più Nativi possibile, rifacendosi ad un proclama del 1854 del governatore di quello Stato, John Evans, che esortava la popolazione a cacciare ed eliminare il numero maggiore di Nativi.
Il 29 novembre 1864 avvenne il massacro sulle sponde del fiume Sand Creek dov’erano appunto accampati gli Cheyenne.
Soltanto nell’anno 2000 il Congresso degli Stati Uniti chiese scusa ai Nativi per la strage avvenuta 136 anni prima.

La copertina dell'album, conosciuto come "L'indiano" e inciso nel 1981 con etichetta Ricordi, rappresenta un'opera dell'artista statunitense Frederic Sackrider Remington (1861-1909), The Outlier - 1909.

Grazie Fabrizio per averci raccontato una triste storia sui Nativi Americani e come tu ben dicevi:
“gli eventi memorabili vanno tramandati con canzoni, perché non se ne perda il ricordo”.

Fame nel mondo

Il Centro Internazionale di Ecologia della Nutrizione (The Nutrition Ecology International Center - NEIC) ha divulgato una notizia che volentieri pubblico per la sua grande importanza.

FAO: IL NUMERO DI PERSONE CHE SOFFRONO LA FAME SALE A 963 MILIONI.

L'AUMENTO DELLA FAME NEL MONDO RICHIEDE LA SCELTA DI STILI DI VITA PIU' ETICI.

Per le persone sensibili e responsabili, la notizia della FAO secondo cui altri 40 milioni di persone quest'anno soffrono la fame e' stata un vero shock.

Come può accadere questo, se i nostri leader internazionali sono così impegnati nel difendere i valori universali? Nel dicembre 2008 le Nazioni Unite hanno celebrato il 60° anniversario della Dichiarazione dei Diritti Umani, e si è svolta in Polonia la "Conferenza ONU sui cambiamenti climatici". Solo nel settembre 2008, i rappresentanti dei governi di tutto il mondo hanno discusso gli Obiettivi del Millennio per lo Sviluppo con l'intento di contrastare "la terribile povertà, fame e malattie che colpiscono miliardi di persone". L'anno scorso il Programma per l'Alimentazione Mondiale (World Food Programme - WFP) ha dato assistenza a 86,1 milioni di persone in 80 paesi.

Eppure, il problema della fame nel mondo sta esplodendo. Quasi un miliardo di persone oggi ne soffrono, anche se le proteine vegetali date agli animali d'allevamento negli Stati Uniti potrebbero, da sole, nutrire tutte queste persone, e molte di più.

Uno scenario ben triste

Senza un radicale cambiamento di rotta, il futuro si prospetta buio: la FAO prevede che la domanda di cibo raddoppierà entro il 2050, a causa del crescente consumo di carne e latticini, perfino il WWF avverte che sarebbero necessari "due pianeti" per sostenere l'attuale stile di vita, e solo pochissimi paesi non superano la propria "biocapacità".

Ci saranno dunque sofferenze ancora maggiori, se non smettiamo di vivere al di sopra dei nostri mezzi. Quel che potrebbe accadere, e che in parte già sta accadendo, è un nuovo tipo di colonialismo, in cui i paesi ricchi soddisfano le proprie richieste di carne e biocombustibili sfruttando le regioni più povere dall'altra parte del mondo, causando povertà e fame nelle popolazioni locali, e inquinando il loro suolo, l'acqua, l'aria.

La scelta vegetariana contro l'eco-collasso

Il problema della fame nel mondo non è una calamità naturale, perchè, in questo momento, la Terra è ancora in grado di nutrire tutti. Un'agricoltura gestita saggiamente dovrebbe almeno assicurare questo status quo. Ma non è abbastanza.

Le "soluzioni" discutibili e obsolete che la FAO prende in considerazione - la clonazione, l'ingegneria genetica, l'uso ancora maggiore di fertilizzanti, ecc. - sono ovviamente inadatte per superare le nuove sfide. Serve un modo nuovo di considerare la situazione, basato sulla realizzabilità, sostenibilità, e sulla giustizia. La distruzione ambientale causata dall'industria della carne deve essere affrontata e fermata.

In una conferenza a Parigi, tenuta nel gennaio 2008, l’economista indiano Rajendra Kumar Pachauri ha sottolineato "l'importanza di cambiare stile di vita".

E’ ormai tempo per Jacques Diouf, direttore generale della FAO e per i suoi esperti di ascoltare il loro collega Pachauri, Presidente del Gruppo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici (Intergovernmental Panel on Climate Change - IPCC), premio Nobel per la pace.

La scelta vegetariana è una via verso un futuro più umano: aiuta chi soffre la fame. Aiuta l'ambiente. Aiuta tutti noi.

Kimiko Yoshida

The Green Tea Bride. Self-portrait, 2006

Kimiko Yoshida è nata a Tokyo nel 1963 e risiede a Parigi.

Volti con contorni che sconfinano nello sfondo, dissolvendosi. Sfumature diverse e fortemente simboliche, ottenute tutte sul set senza uso di filtri né di computer. Inoltre il formato quadrato, ottenuto scattando con Hasselblad 6x6, è poi voluto perché simbolo, secondo il pensiero zen, di stabilità.

Insieme ad un approccio minimalista, la monocromaticità è uno degli aspetti tipici del suo stile.
Per ottenere questo effetto, c’è grande attenzione alla scelta del trucco, dell’accessorio o abito, e del colore dello sfondo. Kimiko Yoshida ha appreso questa abilità lavorando per la moda, ma in parte essa risale ad un istinto atavico, proprio della cultura giapponese ed in particolare delle donne giapponesi. Il trucco delle gheishe è certo una forma di abbellimento ma è molto diverso da come lo concepiamo noi oggi: esso non viene utilizzato per esaltare la bellezza particolare di un volto ma per uniformarlo all’idea della bellezza femminile.

L’illuminazione è uniforme, priva di contrasti ed ombre. Su questo set quasi asettico l’artista mette in scena un sottile ma percettibile gioco psicologico, che diviene più evidente guardando l’insieme delle sue opere. Il tema della maschera viene reinterpretato senza narcisismo e quello della ricerca dell’io senza dramma.
“Non c’è ricerca di identità nel mio lavoro. Io so che l’identità non esiste, ci sono solo infiniti livelli di me. Se io li tiro via, come la buccia di una cipolla, non ci sarà niente sotto”.
Con queste affermazioni Kimiko Yoshida dissimula ogni dubbio che sorga riguardo al narcisismo, che spesso accompagna la pratica artistica dell’autoritratto.

The Amaterasu Bride. Self-portrait, 2005

The Yemeni Bride, Sanaa, early XX th Century. Self-portrait, 2005

The Kamba Bride, Kenya. Self-portrait, 2003

Absence (detail), Tribute to Yves Klein. Self-portrait, 2007 (detail of a series of 4 photographs “BSNC”)

Certo è che le sue immagini piacciono, interessano la critica, recuperano un passato lontano, temi iscritti nell’essere umano come il desiderio e la morte, e li propongono con un linguaggio innovativo molto personale e intimo, quasi lirico.

Immagini e notizie tratte da: Newsletter - fotografia.it / Rosanna Checchi