TOTTA e DYLAN

Mal'Aria 2009

Non tutti sanno che in alcune aree del nostro Paese si respira aria pesante: composti chimici spesso tossici, in alcuni casi cancerogeni, emessi da fonti industriali.
Tutte sostanze che rendono insalubre l’aria che tanti italiani sono costretti a respirare dove vivono o lavorano.
Da Taranto, la città che convive con l’impianto siderurgico più grande d’Europa, l’ILVA, Legambiente fa partire:

Mal’Aria Industriale
Il libro bianco sull’inquinamento atmosferico da attività produttive in Italia



Polveri sottili, ossidi di azoto e di zolfo, benzene, ozono ma non solo. Agli inquinanti “classici'” che il traffico riversa nelle nostre città, nell’aria che molti respirano in alcune zone d’Italia vanno aggiunti diossine e furani, policlorobifenili, mercurio, piombo o cadmio: composti chimici, tossici e in alcuni casi cancerogeni emessi da fonti industriali. E’ a questo inquinamento che Legambiente dedica quest'anno Mal'Aria, la campagna delle lenzuola bianche annerite dallo smog per chiedere centri urbani più vivibili.

A Taranto, città simbolo di questa edizione, lo stabilimento siderurgico dell'Ilva ha prodotto in un anno il 92% delle emissioni di diossina e il 95% degli Ipa da fonti industriali.

Proprio a Taranto, che ospita il più grande polo siderurgico del nostro Paese e detiene il triste primato della città industriale italiana con l'aria più inquinata, nella mattina di ieri, 17 gennaio, Legambiente ha presentato Mal'Aria industriale - Il libro bianco sull’inquinamento atmosferico dalle attività produttive in Italia e dato il via alla sua storica iniziativa. Lenzuola bianche con la scritta "No allo smog'” sono state esposte ai balconi per essere consegnate tra un mese al Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare Stefania Prestigiacomo affinchè possa valutare di persona la qualità dell'aria che respirano ogni giorno i tarantini.

“All'industria italiana - ha dichiarato Vittorio Cogliati Dezza, Presidente Nazionale Legambiente - chiediamo il coraggio e la lungimiranza necessari a fronteggiare la crisi economica e finanziaria mondiale, investendo in prodotti innovativi, attraverso l’ammodernamento e la messa in sicurezza degli impianti e la riconversione dei cicli produttivi più obsoleti, come previsto dalla normativa europea, garantendo la qualità del territorio e la vivibilità dell'ambiente circostante, elemento che può contraddistinguere il nostro Paese sui mercati internazionali”.

L'ILVA, con i suoi primati nazionali sulle emissioni inquinanti in atmosfera, è finita sul tavolo degli imputati soprattutto per i due record relativi alle emissioni di diossine, furani e idrocarburi policiclici aromatici.
Nel 2007 l'ILVA ha fatto richiesta dell’Autorizzazione Integrata Ambientale - AIA, che dovrà essere rilasciata entro il 31 marzo 2009, provvedimento questo che autorizza l’esercizio di impianti industriali a determinate condizioni garantendo la conformità ai requisiti del decreto legislativo n. 59 del 18 febbraio 2005, di recepimento della direttiva comunitaria 96/61/CE, relativa alla prevenzione integrate dell’inquinamento IPPC - Integrated Pollution Prevention and Control.

“Ci auguriamo - ha aggiunto Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente - che il governo, a cominciare dal ministro dell'Ambiente, presti tutta l’attenzione che merita una brutta storia di inquinamento come quella di Taranto, per indirizzare gli investimenti dell’ILVA, in tempi certi e brevi, verso quelle tecnologie che adeguerebbero lo stabilimento ai migliori standard europei”.

Secondo l'Inventario nazionale delle emissioni in atmosfera dell' ISPRA - Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, nel 2006 in Italia l'industria ha emesso il 95% del totale dell'arsenico scaricato in atmosfera da tutte le fonti, il 90% del cromo, l'87% dei Pcb, l'83% del piombo, il 75% del mercurio, il 72% di diossine e furani, il 61% di cadmio.

Sono stati emesse in atmosfera 388 mila tonnellate circa di ossidi di zolfo (SOx), il 78% delle quali deriva da fonti industriali, soprattutto dalla produzione di energia, mentre il 15% è stato emesso dai trasporti non stradali, prevalentemente marittimi.

Poco più di 173 mila tonnellate di polveri sottili (PM10), emesse per il 28% del totale dalle attività industriali e per il 27% dai trasporti stradali; oltre 1 milione di tonnellate di ossidi di azoto (NOx), il 44% dei quali derivanti dal traffico stradale, mentre il 25% è dovuto all'industria.

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