Glottologia
Costruzioni sul banco roccioso di una vecchia cava - Macchia ai Temerano, Seclì
La complessa discussione sulla diffusione e sul significato dei vari termini adottati in Puglia per indicare le costruzioni in pietra a secco trulliformi, ha particolarmente interessato i glottologi e, in genere, gli studiosi della civiltà contadina.
A tal proposito, il Prof. Antonio Costantini (Le costruzioni in pietra a secco nel Salento leccese - Italia Nostra, Parabita, 1988) ha sottolineato che gli studi sul tipo edilizio a trullo non sono stati un monopolio degli storici o degli archeologi, ma soprattutto hanno visto impegnati i linguisti, i quali hanno cercato di giungere alle origini di questa particolare manifestazione proprio partendo dall’etimologia delle varie voci.
Pertanto, i diversi appellativi locali, con particolare riferimento al basso Salento, sono riportati di seguito cercando di sottolineare schematicamente alcune delle spiegazioni proposte dai ricercatori.
Truδδu [01]
- Costruzione trulliforme in pietra a secco; denominazione che nei Catasti Onciari [02] sembra appartenere al territorio dell’Albania Salentina e dei comuni limitrofi, sino a Grottaglie da un lato e ad Avetrana dall’altra. (De Fabrizio)
- Voce derivata da “Turrula” indi “Turrulu” è cioè da un diminutivo di “Turris”. (Palumbo)
- La voce, di probabile radice indo-germanica “Tor” passata sia al greco che al latino, implica il concetto di rotondità. E’ in uso nella parte meridionale delle Murge fin verso Lecce. (Simoncini)
- Voce riferita alla trottola (giocattolo rotondeggiante di forma conica detto “Currulu” o “Curru”). Nel territorio di Ruffano il “Trullo Ferrante” risulta la più complessa aggregazione di edifici in pietra a secco nel Salento leccese. (Ribezzo)
Caseδδa
- Costruzione in pietra a secco quadrata e coperta da tegole; denominazione che nei Catasti Onciari sembra più frequente tra i contadini murgiani e tarantini. (De Fabrizio)
- La voce, proveniente presumibilmente dal basso latino, indica una versione particolare di tale tipo nelle Murge settentrionali e centrali e lungo il litorale tra Barletta e Polignano. (Simoncini)
- Voce che nell’agro di Tuglie indica un edificio più piccolo e semplice del “Furnieddu”, ma più articolato, essendo affiancto da altre costruzioni supplementari. (Panico)
Pajaru (Pagghiaru o Pagghiarune)
- Costruzione in pietra a secco con copertura in paglia; denominazione che nei Catasti Onciari sembra diffusa nel Salento leccese. (De Fabrizio)
- Se è vero che la presenza di un’aia nelle vicinanze del riparo giustifica il termine “Pajaru”, in quanto sicuramente la funzione prevalente della costruzione era, o è ancora, quella di deposito della paglia ricavata dalla battitura dei cereali, per il resto il nome non è sempre legato al tipo di coltura o alla funzione specifica. (Costantini)
- I “Pajari” sono nella stragrande maggioranza dei ripari semplici, privi di rinforzi alla base e, in una vasta area che va da Lecce fino a Maglie, sprovvisti di una spianata sommitale poiché coperti con zolle di terra. Importante è il “Pajarone” in località Visciglito presso Acaya, Vernole. (Spano)
Furnu (Furnieδδu)
- Costruzione in pietra a secco atta alla cottura del pane e dei fichi dopo l’essicazione al sole. (De Fabrizio)
- Costruzioni tronco-coniche (solo in alcuni casi tronco-piramidali), contenute in due o tre livelli di gradoni concentrici, realizzate interamente a secco. Si tratta di edifici costituiti da un solo vano a pianta quadrangolare (nelle forme più antiche, circolare) con copertura del tipo a falsa cupola [03]. Sono sparse un po’ dovunque nella campagna di Galàtone e soprattutto nella contrada rurale Specchia di Mosco. (Calò)
- La voce “Furnu” non trova nessuna giustificazione con la spiegazione che spesso ne danno gli stessi contadini. Etimologicamente chiaro, il termine potrebbe essere spiegato soltanto se queste costruzioni fossero provviste di focolare o di forno per cuocere il pane. L’ipotesi che esso sia un termine attribuito ai ripari provvisti di attrezzature per la cottura del pane e per cucinare viene però smentita proprio dal fatto che nella maggior parte delle aree di diffusione di questo termine, raramente si incontra un camino o un focolare all’interno o all’esterno della costruzione. (Costantini)
- Il termine “Furnu” è da mettere in relazione con il fatto che il contadino considera il suo riparo un forno vero e proprio perché, durante i mesi estivi, ne utilizzava le superfici dei gradoni e del terrazzo per sistemare i graticci e le stuoie (“cannizzi”) con i fichi da essiccare, quindi la costruzione intesa come luogo per la cottura o la torrefazione di un prodotto. (Spano)
- Costruzioni monocellulari, con copertura a falsa volta [03] e forma tronco-conica costruite in pietra a secco a gradoni. (Panico)
Chìpuru
- Costruzione in pietra a secco. Questa voce è propria della Grecìa Salentina [04]. (De Fabrizio)
- Indica il termine diffuso soprattutto a Maglie. (De Lia)
- Parola proveniente dal greco, letteralmente “guardiano del campo”. E’ in uso nel Salento, da Maglie a Leuca, l’antica Japigia. (Simoncini)
(casedelsalento.it)
NOTE
[01] Gerhard Rohlfs - Vocabolario dei dialetti salentini - Congedo, Galatina, 1976.
δ: Suono invertito pronunziato con la lingua ripiegata all’indietro su se stessa.
Nella letteratura regionale si esprime anche con ddh - ddr - ddhr oppure gd (es.: quigdu).
δδ: Suono che viene dalle due ll latine o italiane (es.: Illu[m], da cui iddu; Cerebellum da cui cervieddu).
[02] L'Onciario, precursore degli odierni catasti, rappresenta l'attuazione pratica delle norme dettate da re Carlo di Borbone nella prima metà del XVIII secolo per un riordino fiscale del regno.
Nonostante fosse un catasto descrittivo, poiché non prevedeva la mappatura dei luoghi, fu uno strumento utile ad eliminare i privilegi goduti dalle classi più abbienti che facevano gravare i tributi fiscali sempre sulle classi più umili. Si chiamò Onciario perché la valutazione dei patrimoni terrieri veniva stimato in once, una misura di monete molto antica corrispondente a sei ducati.
[03] Cupola o volta realizzata con blocchi di calcare progressivamente aggettanti verso l’interno.
[04] Area del Salento, situata all’estremità meridionale della Puglia, costituita da nove comuni in cui si parla il dialetto neo-greco noto come grecanico o griko.
L'Unione dei comuni della Grecìa Salentina nasce il 28 settembre 2001 tra i seguenti comuni: Calmiera - Castrignano dei Greci - Corigliano d’Otranto - Martano - Martignano - Melpignano - Soleto - Sternatia - Zollino. Comprende anche due comuni in cui non si parla il griko ma che sono uniti da rapporti di collaborazione con gli altri nove: Carpignano Salentino (aderisce il 1° gennaio 2005) e Cutrofiano (aderisce il 1° gennaio 2007).
Notizie e immagini, dove non specificato, sono tratte da:
Arch. Gabriele Grasso - Architetture in pietra a secco nel Salento - Edizioni del Grifo, Lecce, 2000