TOTTA e DYLAN

Fernando Zanetti









Fernando Zanetti è nato nel 1949 ed è un fotografo professionista, titolare dello studio PHOS a Villafranca di Verona, opera nel settore della fotografia pubblicitaria, commerciale e per l’editoria.

Navigando in lastampa.it scopro il lavoro di Fernando Zanetti, “concept”, in una fotogallery.

La sua ricerca, nel vasto ambito della creatività, confluisce niente meno in semplici oggetti didattici… semplici solidi geometrici in legno…

Nel comporre gli “oggetti” con una figura, talvolta nel dettaglio, riesce a formulare “concetti” per una limpida comunicazione, semplice nel suo contesto.

Stravolge lo sill-life e stravolge la staticità dell’immagine.

Il suo lavoro così si concretizza.

Foto tratte da: photographerspro.eu

Il diario di Graphic Design Worlds












A Diary of an Exhibition
Il diario di Graphic Design Worlds
giugno 2010 - gennaio 2011


Triennale Design Museum presenta A Diary of an Exhibition, il blog di Graphic Design Worlds, una grande mostra dedicata al graphic design internazionale contemporaneo che aprirà alla Triennale di Milano nel gennaio 2011.

Triennale Design Museum porta avanti in questo modo un percorso di ricerca, analisi, promozione e valorizzazione del design contemporaneo, iniziato con The New Italian Design (che nel 2007 proponendo una ricognizione del nuovo design italiano aveva selezionato 22 progettisti nell’ambito del graphic design), allargando adesso il proprio sguardo al panorama internazionale della grafica e ai suoi rapporti, scambi e influenze con quello italiano.

Curata da Giorgio Camuffo, la mostra offrirà una lettura originale dei molteplici e variegati mondi del graphic design.

Attraverso il lavoro, le storie, le visioni di graphic designer creativi internazionali e di giovani designer italiani, Graphic Design Worlds presenterà al grande pubblico la ricchezza di un fenomeno in transizione, sempre più intrecciato con diverse discipline e settori.

Online da giugno a dicembre 2010, A Diary of an Exhibition è il diario di bordo della mostra.

Interviste, immagini, video, testi offriranno uno sguardo unico del dietro le quinte, accompagnando il making of di questo evento.

Il blog diventerà inoltre uno strumento vivo e attivo per alimentare e arricchire il dibattito sulla grafica contemporanea.

Qualcosa si muove nel mondo filatelico



Pubblico volentieri l’interessante COMUNICATO STAMPA
diramato il 1° luglio 2010
dal CFO - Club della Filatelia d’Oro Italiana.




A conclusione delle procedure previste dallo Statuto, che hanno comportato l’elaborazione progressiva collettiva, e quindi la totale e qualificata condivisione del testo e dei contenuti, da parte dei 103 Soci iscritti, sentito il parere dei Soci simpatizzanti, il Club della Filatelia d’Oro Italiana è pervenuto all’emissione del primo PARERE e del relativo INVITO che si allegano al presente comunicato e che sono altresì visibili nel sito sociale www.clubfilateliaoro.it.

Il parere e l’invito affrontano uno dei temi economici e strutturali di maggior rilievo ed interesse della filatelia, ovvero il rapporto tra collezionismo filatelico ed investimento.

Il Club ha inteso contribuire, esprimendosi nel merito della problematica ed emettendo uno specifico invito, all’evoluzione verso modelli comportamentali di maggiore chiarezza e trasparenza nella pubblicità, nella comunicazione e nelle operazioni commerciali collegate al collezionismo filatelico.

Si è ritenuto necessario, a tutela del collezionismo e dei collezionisti, chiarire un aspetto equivoco e fuorviante che tanti danni ha procurato alla filatelia, intesa come fenomeno sociale e culturale, che mal si presta, relativamente ai collezionisti, ad atteggiamenti speculativi, spesso incentivati da una errata prospettazione della filatelia e del collezionismo quale “investimento” nel senso puramente “economico finanziario” del termine, che in questo ambito può riguardare solo la politica commerciale degli operatori professionali.

Il Club si augura che i destinatari di questo primo invito lo accolgano con lo stesso spirito costruttivo e di servizio con il quale è stato emanato, nell’interesse generale di tutte le componenti del mondo filatelico e con l’obiettivo comune di proiettare la filatelia in un futuro di sviluppo, che ne assicuri e perpetui nel tempo la preziosa funzione culturale e sociale, la cui crescita è altresì sicura garanzia di prosperità delle Aziende e delle altre componenti editoriali e commerciali.

CFO - Club della Filatelia d’Oro Italiana

Allegati:
PARERE / INVITO

Vivere (felici) senza soldi

L'interessante fenomeno riguarda Peter Owen Jones, un prete anglicano, quando ha deciso di seguire l’esempio di San Francesco d’Assisi e mettersi in cammino con un saio, un bastone e uno zainetto, la BBC ha deciso di seguirlo dedicandogli un programma dal titolo “How to live a simple life” (“Come vivere una vita semplice”).
Ed è stato subito un successo. I telespettatori hanno seguito con grande curiosità le avventure di questo uomo di fede che per 6 mesi ha vissuto in assoluta povertà chiedendo aiuto per mangiare e dormire.

Alla fine del suo viaggio ha detto:

“Mostrare apertamente le proprie vulnerabilità è stata la cosa più difficile. Ma è stata anche la più importante. Rinunciando a tutte le mie difese sono riuscito a instaurare un contatto profondo con la gente. Ho ricevuto tante porte sbattute in faccia ma quando queste si sono aperte la sensazione è stata impareggiabile”.

Il reverendo Peter Owen Jones ha dormito sulle panchine, ma anche in roulotte e capanne offerte dalle persone in cambio di qualche aiuto o qualche preghiera. Ha mangiato quello che ha trovato nei rifiuti o nei cassonetti dei supermercati ma anche nei campi o alla tavola di persone generose che lo hanno accolto. Ha pregato ininterrottamente e cercato di stabilire un contatto con i suoi simili.

«Sono convinto di aver infastidito diverse persone ma anche di aver toccato il cuore di altre e questo è quello che conta».

Il modello di vita adottato da Peter Owen Jones è fondato particolarmente sulla ricerca spirituale ma ha similitudini con quello scelto da chi, per diverse ragioni, decide di condurre una vita lontano dal consumismo.
Negli ultimi anni si è infatti rafforzato nel Regno Unito un movimento che vuole recuperare dagli scarti del sistema quello che basta per vivere.

I seguaci si fanno chiamare freegan (free+vegan [1]), odiano lo spreco, contestano lo scambio economico e tentano di soddisfare i bisogni fondamentali dell’uomo in modo sociale, non commerciale.

Si nutrono con quello che viene gettato via, li si vede a notte fonda rovistare nei cassonetti dei supermercati in cerca di cibo scaduto da poco, vivono cercando di rispettare l’ambiente e consumando il meno possibile. Non sono necessariamente poveri di nascita ma lo sono per scelta, hanno un alto senso civico, credono nei valori sociali della condivisione, sono preoccupati per lo stato dell’ambiente e determinati a fare il possibile per salvare il Pianeta. E stanno crescendo di numero e di fama. A loro sono stati dedicati libri, programmi e dibattiti. Sono chiamati regolarmente a dare il loro parere in tv e alla radio su questioni ambientali e di sostentamento.
E se fino a qualche anno fa erano guardati con ironia e a volte anche con disgusto, oggi sono considerati da molti un modello da seguire.

“Ogni anno - ci dice un portavoce del "Waste Resources Action programme", un’associazione che lavora a contatto con le attività commerciali e i consumatori per tagliare gli sprechi, - i britannici gettano nella spazzatura 6.7 milioni di tonnellate di cibo. La metà di questo è perfettamente mangiabile”.

Lo sa bene Paul, uno libero professionista di 43 anni, freegan da dieci, ma che da una vita, confessa, non lascia passare un cassonetto senza dare un’occhiata.

“Ho sempre odiato gli sprechi e da quando ho deciso di tagliare drasticamente le spese la mia vita è diventata molto più semplice, sana e meno stressante.
Mangio quello che trovo nei cassonetti, mi vesto con quello che viene scartato dai negozi di carità, uso il sito "Freecycle"
(un network di persone che riciclano beni su internet) per tutto il resto, dal divano alla lavastoviglie fino alla bicicletta”.

“A vivere in questo modo - conferma Bob - non si soffre affatto. Per farvi solo un esempio due sere fa nei cassonetti di un supermercato abbiamo trovato 75 bottiglie di birra e 100 polli congelati. Abbiamo dovuto cercare un congelatore per non farli andare a male”.

C’è invece chi, seguendo l’esempio di Peter Owen Jones, ha deciso di andare oltre al cosiddetto "freeganism", e ha scelto di ridurre al minimo i beni materiali e rinunciare completamente al denaro.
Si tratta di Marc Boyle, un ex pubblicitario che oggi, grazie al suo stile di vita, è diventato una celebrità. Negli ultimi diciotto mesi ha vissuto senza toccare un soldo, ha fondato la "Freeconomy Community", un’associazione di persone che segue i suoi stessi principi, e ha recentemente pubblicato un libro dal titolo “The Moneyless Man” (“L’uomo senza soldi”) che sta andando a ruba.
I media lo hanno seguito da subito, usando toni di ammirazione, ritraendolo in una roulotte abbandonata e ristrutturata con materiali riciclati, nei campi alla ricerca di erbe e bulbi, nel fiume a lavarsi, nell’orto a piantare insalata. Marc Boyle viene visto che dà consigli su come usare le ortiche, su come fare un dentifricio con le erbe, su come riscaldarsi in inverno usano la legna del bosco. Ma anche che spiega i motivi che lo hanno portato a fare questa scelta.
“Avevo tutto ma non ero felice, - racconta - avevo tanta gente intorno ma non mi sentivo vicino a nessuno. Mi chiedono spesso come faccio a sopravvivere ma vi assicuro che sono molto più sano oggi di quando vivevo in una casa, avevo un lavoro fisso e mangiavo cibo di supermercato tutti i giorni”.

Notizie tratte da: avvenire.it / Elisabetta Del Soldato

[1] Il termine veganismo indica una dieta e uno stile di vita che esclude l'uso di prodotti di origine animale come cibo e per qualsiasi altro scopo. Gli aderenti - detti vegani o, con prestito dalla lingua inglese, vegan - rifiutano quindi non solo di nutrirsi di carne e pesce, come i vegetariani, ma anche di latte, latticini, uova e derivati, miele, nonché di acquistare e usare prodotti di qualsiasi genere la cui realizzazione implichi lo sfruttamento diretto di animali.
La parola vegan fu coniata nel 1944 da Elsie Shrigley e Donald Watson, fondatori della Vegan Society. Shrigley e Watson dichiararono di essere insoddisfatti dell'uso comune della parola "vegetariano" per riferirsi a diete che includevano latte, uova e derivati, e coniarono la nuova denominazione prendendo le prime e ultime lettere del termine inglese vegetarian, con l'indicazione che il veganismo era “l'inizio e la fine del vegetarianesimo".
La Vegan Society fornisce la seguente definizione di veganismo:
“La parola "veganismo" denota una filosofia e un modo di vita che si propone di escludere - nella misura in cui questo è praticamente possibile - tutte le forme di sfruttamento e di crudeltà verso gli animali perpetrate per produrre cibo, indumenti o per qualsiasi altro scopo; e per estensione, promuove lo sviluppo e l'uso di alternative non-animali, per il bene dell'uomo, degli animali e dell'ambiente. Da un punto di vista dietetico indica la pratica di evitare qualsiasi prodotto derivato, in tutto o in parte, dagli animali”.