TOTTA e DYLAN

Caffettiera Moka Express

L’«Omino con i baffi» era lui, Alfonso Bialetti (1888-1970), uno di quei geni del Made in Italy che hanno illuminato il nostro paese per anni e che oggi ha un nome e una fama mondiali. Era il 1933 quando Bialetti, imprenditore e inventore, nella sua officina per la produzione di semilavorati in alluminio, la «Alfonso Bialetti & C. Fonderia in Conchiglia», di Crusinallo, frazione del comune di Omegna, nel laboriosissimo Piemonte, tra il tavolo da disegno e il tornio, inventa un apparecchio rivoluzionario per preparare il caffè. Questo oggetto piccolo, pratico, geniale, che permette di fare un caffè buonissimo in casa sui fornelli, viene battezzato con il nome di «Moka Express». Il nome della macchinetta, che ha il piacevolissimo effetto collaterale di riempire la cucina di profumati vapori, deriva dalla città yemenita di Mokha, nel centro di una delle più rinomate zone di produzione di caffè pregiato, in particolare della qualità «arabica».

 

La Moka compie proprio in questi giorni ottant’anni e «spegne le sue candeline» con una grande mostra in quel Piemonte dove è nata. Il Forum di Omegna ha allestito la mostra «Caffè 33», inaugurata in questi giorni e che rimarrà aperta fino al 26 ottobre. In esposizione storiche macchinette per preparare il caffè e, in programma, una ricca serie di manifestazioni ed eventi. La Moka è rimasta pressoché invariata dall’idea originale di Alfonso Bialetti: aveva, allora come oggi, una struttura in lega di alluminio con due maniglie in bachelite: quella del corpo della macchinetta e quella del coperchio, ed era composta da tre parti: il bollitore o caldaia, il filtro dosatore e il raccoglitore per il caffè. Come previsto dal brevetto originale del sistema «Moka», la forma è ottagonale e aiuta ad impugnarla meglio. Ancora oggi è tutta prodotta in Italia.
In compenso non si contano più i modelli e le imitazioni: sempre con pianta a forma di poligono regolare, ma con un diverso numero di lati, o a forma cilindrica che si trovano in commercio e che ogni giorno vengono usati nelle case degli italiani per gustare il sapore di un buon caffè. Gli «imitatori» l’anno «riprodotta» in pratica con ogni possibile materiale: tutti i tipi di metallo, ceramica...
Le dimensioni variano a seconda dalle esigenze: c’è quella da una sola tazzina, della quale parla malissimo Massimo Troisi nel film «Scusate il ritardo», dell’83. Sì perché la Moka, piemontese di nascita è partenopea di adozione, e alla fine, ha spodestato anche la classica «Napoletana». A Troisi non piace la Moka «monotazza» perché è simbolo di solitudine, di scarsa attitudine alla comunicazione e alla compagnia. Per questo la macchinetta c’è anche in versione due, tre, quattro, fino a diciotto tazzine.
A partire dal 1950 il problema delle imitazioni cominciò a diventare un assillo. Anche perché, diciamolo, nelle «copie» era ripresa l’idea e la forma, ma, spesso, non la qualità. Per distinguere la Moka originale dalle altre il figlio di Alfonso, Renato, ebbe un’altra idea geniale: fece marchiare tutti i prodotti con la celeberrima figura dell’ «Omino con i baffi», creato dalla matita di Paul Campani.


Le raccomandazioni dell’Omino hanno accompagnato per anni diverse generazioni di italiani: «Attenzione! - diceva nei famosi spot - Sembra facile fare un buon caffè, ma ci vuole esperienza, cura e la vera Moka Express...».
Oggi la Moka è un «pezzo» di cultura italiana che tanti mettono in valigia e si portano dietro anche quando sono in viaggio. Un’abitudine che ormai non è più solo italiana.


Antonio Angeli - IL TEMPO / Omnibus - 20.08.2013

Intervista a Walter Siti

«Resistere non serve a niente», titolo del suo ultimo romanzo è un affermazione o un interrogativo o cosa?
«Il mio titolo è (come spesso accade per i titoli) il riassunto e il nocciolo del mondo che viene raccontato nel romanzo: un mondo in cui la finanza appare come un Potere astratto e sovranazionale indiscutibile, un gigantesco gioco d'azzardo la cui unica legge è il massimo profitto; una legge che si pretende scientifica e risulta inattaccabile sia dai singoli che dalle istituzioni governative. Come riflesso di questa legge nella psicologia dei personaggi, anche il desiderio sessuale assume la forma di un'ossessione del possesso, contro la quale non ci sono buoni sentimenti che tengano».
Perché scrive?
«Scrivo perché solo scrivendo ho l'illusione di comprendere il senso della mia vita; qualche rara e fortunata volta, anche un po' del senso della vita collettiva».
Scrivere è ?
«Scrivere è faticoso e benedetto da Dio».
La scrittura è?
«La scrittura è un modo per far salire in superficie ciò che è rimosso o represso, sia dal singolo che dalla società. Per ottenere questo è necessario che la scrittura sia (anche) divertente, perché solo così si abbassa il livello delle nostre censure. La scrittura funziona quando sorprende chi la scrive».
Scrivere può salvare il mondo?
«Niente può salvare il mondo, né d'altra parte il mondo chiede di essere salvato. Da che cosa, poi? Il mondo ha il suo destino cosmico e se ne frega degli uomini. La scrittura può migliorare (un poco, nel senso di renderli più consapevoli della loro miseria) gli uomini».



Al Premio Strega per vincere o partecipare?
«Per vincere, sennò perché partecipare?»
La letteratura è territorio di libertà.
«No, quando si scrive si dipende da un sacco di cose: dal proprio inconscio, dall'inconscio dei tempi, dal contesto socio-politico, dall'eventuale talento su cui non abbiamo giurisdizione. Spesso si è al servizio di qualcuno o qualcosa che scrive in noi, come già sapeva Dante e sapevano i classici».
La scrittura un mestiere o una passione?
«È una passione, anzi una mania che ha bisogno di diventare mestiere per comunicarsi ai lettori».
Da sempre e per sempre?
«La mania della scrittura può avere delle fasi temporali, o stagionali. Guai agli scrittori che non sanno prenderne atto».
Pensare è un lusso?
«In parte sì. Chi è troppo occupato a risolvere gli elementari problemi della vita pratica, alimentari o di difesa, è costretto a pensare più in particolare che in generale. Il pensiero generale qualche volta si rende ridicolo, ma più spesso illumina il pensiero particolare».
L’Italia è un paese di scrittori?
«L'Italia è un Paese estroverso, dalla metafora esuberante. È più un Paese di gesticolatori che di scrittori».
La buona televisione è?
«La buona televisione è quella che non annoia, che sa alternare informazione e divertimento e che non ha paura di essere un elettrodomestico. Quella che ogni tanto riesce a non preoccuparsi dell'auditel».
Scrivere serve a capire più se stessi o più gli altri?
«Non lo so. Più se stessi, suppongo, perché in genere (e finora) è un mestiere solitario».
Un suo difetto.
«Sono troppo sensibile alle lusinghe, e questo spesso mi rende vile nei rapporti pubblici».
Un suo pregio.
«Non mi stanco mai di analizzare le cose».
Cosa non sopporta?
«Non sopporto i libri che trattano la lingua come se fosse uno straccio inanimato: mi sento come di fronte a degli energumeni che torturano un cane, vorrei fermarli e non posso, devo chiudere il libro perché sto troppo male».
È un solitario?
«Fondamentalmente sì, non mi piace uscire la sera e non ho molti amici; ma trovo terribile sapere (qualche volta mi è capitato) che non c'è nessuno che mi vuol bene; o meglio: che per nessuna persona al mondo io sono la persona più importante».
È un altruista?
«Direi proprio di no, l'altruismo è una soglia che faccio fatica ad attraversare».
Un rimpianto e un rimorso.
«Rimpiango di non aver studiato le lingue quand'ero ragazzo, di non essermi fidato prima della mia voglia di scrivere "in proprio". Ho il rimorso di essere stato stronzo con qualcuno che non lo meritava».
Il potere logora o affascina?
«Se logora non lo so, non l'ho mai avuto. Però affascina, certo».
Se tornasse indietro rifarebbe tutto quello che ha fatto.
«Assolutamente no, cambierei un sacco di cose. Ma forse salverei gran parte di quelle che a chi guarda dall'esterno possono sembrare le mie debolezze».

Gigi Marzullo - IL TEMPO / Omnibus - 04.08.2013


«Resistere non serve a niente» di Walter Siti, Rizzoli Editore, ha vinto il Premio Strega 2013.