TOTTA e DYLAN

Piet Mondrian

Presso il Complesso del Vittoriano a Roma dall’8 ottobre 2011 al 29 gennaio 2012 una grande mostra-evento dal titolo “Mondrian. L’armonia perfetta”.

Una grande retrospettiva che, attraverso circa 70 oli e disegni del pittore olandese Piet Mondrian (1872-1944) e oltre 40 opere di artisti che hanno influenzato o comunque interagito con la sua evoluzione. Si ripercorre l'intero cammino artistico di uno dei più importanti maestri del XX secolo, valorizzando la sua coerenza nel perseguire l'obiettivo di un'arte astratta.

La mostra è  curata da Benno Tempel, Direttore del Gemeentemuseum de L'Aia, che vanta il maggior numero di capolavori di Mondrian, avvalendosi di un prestigioso comitato scientifico composto da Hans Janssen e Franz W. Kaiser del Gemeentemuseum de L’Aia, Michael White dell' Università di York e dell'architetto Frans Postma.

Piet Mondrian - Composition with Red, Yellow and Blue - 1921

Piet Mondrian (Pieter Cornelis Mondrian) è stato un importante esponente del movimento artistico De Stijl (Neoplasticismo). Per tutta la sua vita ha inseguito come una missione “la liberazione dall’oppressione nella vita e nell’arte” che ha dato il titolo ad un suo scritto. La liberazione dal materialismo, dall’individualismo egoista, dal sentimentalismo e dalle apparenze della natura.

Mondrian nel suo lavoro ha portato alle estreme conseguenze il processo di riduzione e di decomposizione dell'immagine cubista, realizzando un'arte in cui gli elementi strutturali si sono limitati alle linee verticali e orizzontali, ai colori primari giallo, rosso e blu, al bianco della tela e al nero della griglia di linee. Il più rappresentativo dell’Astrattismo geometrico.

Storia della lira

In questo difficile periodo di crisi europea, che da tanti punti di vista sta diventando una cosa seria, ci è sembrato opportuno ricordare questa “storia”: una conferenza tenuta da Pierantonio Braggio il 9 giugno 2011 presso il Circolo Ufficiali a Castel Vecchio, Verona.
Questo per un recupero della nostra memoria che, in fin dei conti, è la “nostra storia” ed ha rappresentato la nostra identità nazionale.


Una storia dettagliata della lira, nei suoi vari stadi (romano e carolingio - come peso, veneziano, lira di Emanuele Filiberto di Savoia, Regno di Sardegna, Regno d’Italia e Repubblica Italiana) richiederebbe moltissimo tempo e spazio. Due fattori, dei quali non disponiamo.
Ciò condiziona fortemente il contenuto di quanto ci accingiamo a descrivere, per cui, spesso, siamo costretti a tralasciare passaggi, anche importanti, che darebbero al tutto una patina di maggiore e doverosa completezza. Ci atteniamo, quindi, all’essenziale e segnaliamo che, per approfondimenti, molto materiale sull’argomento è disponibile presso pubbliche Biblioteche o presso le molte Associazioni collezionistiche, come l’Associazione Filatelica Numismatica Scaligera di Verona e il Circolo Filatelico Numismatico Mantovano, Mantova.

– La voce “lira”, deriva dal termine latino “libra”, denominazione dell’unità di peso romano (IV secolo a. C.), corrispondente, secondo studi recenti, a 272,87 (prima, 327,45) grammi e suddivisa in 12 once; “libra” significa, poi, al tempo della riforma monetaria di Carlo Magno (768-814), moneta del valore di 20 soldi, corrispondenti a 240 denari o, più tardi, dal XIII sec., grossi. Al tempo di Carlo Magno, con una “libra” d’argento, chiunque poteva vedersi coniare 240 monete da un denaro.

– È, tuttavia, nel 1472 che, a Venezia, il doge Niccolò Tron crea la prima “lira”, corrispondente a 20 soldi, realizzata in argento 94-8,10/1000, con peso di 25 grammi. Essa raffigura, sul dritto, il doge stesso, e, sul rovescio, il leone di San Marco. Il pezzo dà origine a critiche da parte del Consiglio dei Dieci veneziano, il quale ordina che tutte le future monete della Serenissima portino solo l’immagine caratteristica del doge, inginocchiato davanti a San Marco.

– Comunque, nel 1500, in terra veronese, governata da Venezia, circola una “lira veneta”. In merito, si legge - in L’infanteria veneta del 27 agosto 2010, Verona - che, nel 1797, un fante della Serenissima aveva una paga mensile di 4 ducati (pari a 306 lire venete e 12 soldi, ossia, quanto la paga annua di un operaio, che manteneva allora sé e la famiglia con 3-400 lire l’anno).
Fra il 1546 ed il 1547, per la costruzione di mura veneziane a Legnago, Verona, un mattone costa circa 0,027 soldi di lira veneta.

– Una prima lira sabauda appare nel 1562. La conia il duca Emanuele Filiberto di Savoia in argento 895,80/1000, in grammi 12,72.

– Una moneta “lira” cartacea, una specie di certificato del Tesoro, vede la luce nel 1746, quando, per necessità belliche, contro Francia e Spagna, Carlo Emanuele III, Regno di Sardegna, emette biglietti nei facciali di 100, 200, 500, 1000 e 3000 lire piemontesi. Un biglietto da 3000 lire corrisponde al valore di un chilo d’oro. Tali biglietti, per essere attraenti, danno un interesse annuo del 4%, per quattro anni. Nel 1756, esce anche il biglietto da 50 lire. Resta in circolazione il taglio da 100 lire, mentre sono rimborsati i tagli più grossi… Circola, comunque, cartamoneta, non più ad interesse.

– Occorrendo, tuttavia, per lo scambio di merci, tagli minori, nel 1816, sotto Vittorio Emanuele I, le Regie Finanze, introducono nel Regno di Sardegna i pezzi in argento 900/1000 da 5 lire e in oro 900/1000 da 20 lire… Segue un pezzo da 80 lire, pure in oro, nel 1821…

– Nel 1823, sotto Carlo Felice, Regno di Sardegna, appaiono, in rame, i pezzi da 1 centesimo, 3 centesimi, 5 centesimi; quindi, il 25 ed il 50 centesimi, la lira, il 2 lire, il 5 lire, in argento 900/1000; il 20 lire, il 40 lire e l’80 lire (1824), in oro 900/1000, coniati a Torino ed a Genova.

– 17 luglio 1861: con proprio regio decreto, Vittorio Emanuele II, dispone che la lira italiana ed i suoi multipli e summultipli hanno corso legale in tutte le Provincie del Regno d’Italia.

– Le prime monete del Regno d’Italia in lire, che hanno visto e vedono la loro continuazione in quelle dell’attuale periodo repubblicano, sino al 2002, escono a partire dal 1861, sotto Vittorio Emanuele II, emesse nei valori di 1, 2, 5, 10 centesimi in rame, di 20, 50 centesimi, 1 lira, 2 lire e 5 lire in argento 900/1000, e di 10, 20, 50 e 100 lire in oro 900/1000. Tutti i pezzi presentano l’effige del monarca. Sul bordo delle emissioni è inciso il motto o sigla FERT, ancora oggi non decifrabile e già presente, tuttavia, in monete di fine Milletrecento.

– Una lira del 1861 di Vittorio Emanuele II, Regno d’Italia, corrisponde, a 5 g di argento 900/1000 e a 0,29 g di oro fino. Il taglio minimo delle banconote è il 20 lire. I cittadini, al tempo, preferiscono, però, la moneta metallica, che, a loro parere, offre più garanzia.

– Nel 1865, il Regno d’Italia – Vittorio Emanuele II – partecipa all’Unione Monetaria Latina, di cui fanno parte Francia, Belgio e Svizzera, e successivamente, diversi altri Stati europei, ognuno con una propria moneta d’oro, dello stesso peso di fino – 5,805 g e del valore nominale di 20 unità monetarie nazionali. Noto, in merito, il pezzo da 20 lire del Regno d’Italia e, per la Svizzera, il suo 20 franchi “Helvetia”… Motivo della creazione dell’Unione è di fare in modo che, negli scambi fra le nazioni aderenti, le monete relative circolino liberamente, senza dovere, ogni volta, fare riferimento al corso del cambio, trattandosi di metallo prezioso coniato, il cui titolo, peso e valore sono noti ad ogni operatore, il quale, fra l’altro, è certo di non incorrere in perdite di cambio. La prima guerra mondiale fa cadere l’Unione Monetaria Latina, che cessa ufficialmente il 1° gennaio 1927. Restano in circolazione, comunque, e tuttora, centinaia di migliaia di monete d’oro del tempo.

– 1866: s’introduce, a causa delle spese per l’unificazione, amministrative e militari, il corso forzoso, che esclude la possibilità del cambio del biglietto in metallo pregiato, corso che dura sino al 1891, quando, a garanzia del valore della moneta, è accantonato metallo prezioso per un 50% del valore nominale dei biglietti, di cui è prevista l’emissione.
Fra il 1893 ed il 1920, e, quindi, successivamente, sono emessi, nel Regno d’Italia, biglietti, detti “Buoni di cassa”, da 1 e 2 lire…, onde limitare la necessità di moneta metallica…, della quale, v’è forte scarsità.

– 1866: con la cessione del Lombardo-Veneto da parte dell’Austria al Regno d’Italia, unica a circolare, con potere liberatorio nello stesso, è la lira al posto delle monete degli Stati in precedenza esistenti: Ducato di Modena, con tallero, scudo, bolognino, soldo (di Reggio) e denari; Ducato di Parma, con soldo e lira; Granducato di Toscana, con ruspone, zecchino, francesone, fiorino, Paolo, soldo, quattrino; Regno Lombardo-Veneto, con diversi valori e denominazioni anche in tedesco, ma, non ultima, la lira austriaca, e Regno delle Due Sicilie, con ducato, tarì, carlino, grano, piastra e tornese. La lira del Regno d’Italia circolerà dal 1870 anche nell’ex Stato Pontificio, che, peraltro, già disponeva di una lira, come propria moneta, ma introdotta dopo la doppia, lo scudo, il testone, il doppio Giulio, lo zecchino, il grosso, il baiocco ed il quattrino.

– Quanto alla circolazione monetaria – ricordiamo: metallica e cartacea (denominata, allora, “viglietti” o “biglietti”, o “cedole di Banca”, “moneta fiduciaria”), garantita da riserva aurea – nel nuovo Regno, la preoccupazione per un perfetto funzionamento del sistema appare evidente da uno stralcio, dal contenuto strettamente finanziario, economico e monetario molto ragionato, dal quotidiano L’ARENA GIORNALE DI VERONA dell’8 novembre 1866. L’estensore appare informatissimo e, al tempo, dotato di complesso di principi, che, in molti punti della considerazione, appaiono attuali. Non colpisce il fatto che sulle finanze del Regno pesino fortemente le spese di guerra…, mentre delle relative vittime – è vero, siamo in testo tecnico-finanziario – non v’è il minimo cenno… Si legge, comunque: Sappiamo che per venire all’unità nel sistema monetario, poste fuori di corso le vecchie monete dal 1859 al 1862, furono rifusi dalle nostre zecche all’incirca 600 milioni delle monete dei Governi caduti. Sappiamo che, mentre quelle correvano, e pressoché tutti entro quegli stati, nelle Provincie Italiane dominate dall’Austria, funzionava la moneta austriaca, e si diffondeva ancora nelle Provincie limitrofe. Sappiamo che, contemporaneamente, l’alto commercio in Italia, si faceva in buona parte con moneta francese, Napoleoni d’oro ed argento, senza tener conto delle altre coniazioni, mentre ben poca moneta italiana aveva uso all’estero. E non ci dilungaremo dal vero, supponendo, allora in Italia, una circolazione di oltre un miliardo, ad un miliardo e duecento milioni di moneta metallica, mentre poco correva di cedole bancarie. Ora, i nostri bisogni di moneta devono calcolarsi accresciuti. Il Professore Guala ci disse testé, ascendere la nostra coniazione col vigente sistema ad Oro L. 369,239,864 + Argento L. 676,746,180 + Rame L. 28,390,464, per un totale di L. 1.074.376,508. Egli calcola ancora correre in Italia, monete d’oro, altrettanta quantità di conio francese. Noi crediamo che tanto la moneta francese che la nostra abbia in Italia di molto scemato. Moltissima certamente ne è uscita, e specialmente negli ultimi tempi. Se i pubblici prestiti, ed i capitali stranieri venuti in Italia ne hanno condotto, lo squilibrio della importazione con l’esportazione, da quando ci colse la malattia dei bachi e delle Uve, ce ne tolse e ce ne toglie; gli interessi ed i profitti ai capitali stranieri, ce ne tolsero e ce ne tolgono ancora. Il ritiro da Francia di molti nostri titoli di Rendita, durante il suo basso corso, ci tolse pure testé molta moneta, svincolata allora dal corso forzoso dei viglietti di Banca; e, altresì molta ne tolsero le proviste fatte all’estero per la guerra. E non possiamo ricuperare che col vendere di nuovo all’estero, o mandare alla sovvenzione della nostra Rendita, od altri titoli – far debiti, cioè, a condizioni onerose; poiché, pel commercio, pegl’interessi ai capitali stranieri, che in quei casi si accrescerebbero, dobbiamo ancora far rifondere con moneta. In tale condizione, è evidente quanto ci occorra tenere una parte della circolazione in moneta fiduciaria, per rinforzo, e per economia. Il corso forzato, già, fortunatamente, ne indusse maggiore abitudine, e quando il corso normale sarà ristabilito potrà correre egualmente una buona quantità di cedole Bancarie. Ciò ne risparmierà uno sforzo troppo grande che ci bisognerebbe a ritornare con una parte soverchia di circolazione metallica, secondo stava nella relazione precedente. Fu, collo svincolo di una parte della moneta metallica, che l’Italia fece fronte contemporaneamente ad una parte delle spese di guerra, e poté riscattare, a buon patto, porzione del debito pubblico, che si trovava in Francia.
E come si può ritenere che per un facile movimento di scambi e d’affari, occorra, in Italia, una massa monetaria di 1500 milioni a 2000 milioni in questa, per buona economia, si devono introdurre 500 milioni, almeno, di moneta fiduciaria, facilitandole le vie, perché possa funzionare a parità della metallica. Ma, con quali mezzi, si potranno meglio far correre? Colla unicità, colla pluralità, o colla libertà delle Banche? Sono i tre sistemi che or si combattono nei campi delle teorie e della pratica…

– 1866: un operaio, attivo presso i cantieri austriaci – Lombardo-Veneto – di costruzione dei bastioni, circa l’anno 1833, può percepire sino a 2 lire al giorno. Un vaglia postale, novembre 1866, per 20 lire costa, nel Regno d’Italia, 20 centesimi; uno per 1000 lire costa lire 4,40. Una “Divina Commedia” con note ed illustrazioni, 3 vol., 302 pagine, costa lire 3,50; una carta geografica d’Italia costa 1 lira…, un vocabolario d’italiano, 1344 pagine, costa 3,50 lire…

– Nel 1890-1896, monete in lire-tallero (1 tallero = 5 lire, 2/10 di tallero = 1 lira) sono coniate, sotto Umberto I, in argento dalla Zecca di Roma per la Colonia Eritrea.

– 1896: sono emessi i primi biglietti con il titolo “Banca d’Italia”, competente per tale operazione, sino al 2001, per le banconote in lire, e dal 2002 per i biglietti in euro. Ne parliamo più oltre.

– Dal 1923, nuove monete portano anche il simbolo del fascismo (al potere dal 1922) – 2 lire, 5, 20 (argento) lire, 50,100 (oro) lire – e, dal 1936, dell’Impero – 5, 10, 20, 50 centesimi, 1 lira, 2 lire, 5, 10, 20 (argento) lire, 50 e 100 (oro) lire.

– Nel 1925 monete in argento 835% escono nei tagli da 5 e da 10 lire, per la Somalia. Raffigurano, sul dritto, Vittorio Emanuele III, con corona, volto a destra.

– A questo punto – ed interrompiamo, in parte, l’ordine cronologico degli eventi strettamente monetali – non si può parlare di moneta, né metallica, né cartacea, senza prendere in considerazione la voce “banca nazionale”, come istituto che emette moneta e ne regola la circolazione nello stato di competenza. In materia, va tenuto presente che, oggi, la moneta cartacea è stampata, per lo più, dalle banche nazionali, mentre quella metallica è prodotta ed emessa dagli Stati, non senza un certo utile. Fra parentesi: banconote e monete in euro sono prodotte, per conto della Banca Centrale Europea, dalle banche centrali (Sistema Europeo della Banche Centrali) dei Paesi, diciassette, aderenti all’Unione Monetaria.

– Già dal 1808, opera nel Sud il “Banco delle Due Sicilie”, dal quale più tardi hanno origine l’ex Banco di Napoli e l’ex Banco di Sicilia, i quali emettono proprie banconote fino al giugno 1926.

– Nel 1844, sorge la “Banca di Genova”, che emette banconote in “lire nuove”, e nel 1847, nasce la “Banca di Torino”. Nel 1849, la Banca di Torino è fusa nella Banca di Genova, creando così la “Banca Nazionale negli Stati Sardi”. Esiste, comunque, una ”Banca di Savoia”, che nel 1850 è ceduta alla Francia.

– In Toscana sono attive, in questo periodo, la “Banca Nazionale Toscana di Firenze e di Livorno” e la “Banca Toscana di Credito”, fondata nel 1860.

– Nel 1870, il Regno diventa proprietario della Banca Romana – appartenente allo Stato Pontificio, colà fondata dai francesi nel 1835. Essa è autorizzata ad emettere banconote in lire e viene chiusa nel 1893, per avere fatto stampare in Gran Bretagna, banconote italiane, al di fuori del rispetto delle norme.

– 1874: nel tentativo di creare una banca d’emissione unica, vengono emessi i “Biglietti consorziali”, ossia, banconote – dalle 1000 lire ai 50 centesimi – poste in circolazione dal consorzio formato dalla Banca Nazionale nel Regno d’Italia, Banco di Sicilia, Banco di Napoli, Banca Nazionale Toscana e Banca Toscana di Credito.

– Nel 1893, il 10 di agosto – si legge sulla Gazzetta Ufficiale di quel giorno – sorge la “Banca d’Italia”, frutto della fusione fra Banca Nazionale nel Regno, Banca Nazionale Toscana di Firenze e Livorno, Banca Toscana di Credito e Banca Romana. Essa, con capitale di 300 milioni (300.000 azioni da 1000 lire l’una) emette banconote nazionali e diviene “Banca delle banche”, com’è tuttora, anche per le sue funzioni di vigilanza e controllo su tutti gli istituti di credito Italiani. La Banca d’Italia, istituto di diritto pubblico, dispone di un proprio statuto, l’ultima edizione del quale risale al 12 dicembre 2006.

– La Banca d’Italia inizia a stampare biglietti (riserva del 40% sul controvalore della circolazione) già dal 1894, ma i primi, aventi il titolo “Banca d’Italia”, escono dal 1896, nei tagli da 50, 100, 500 e 1000 lire. Tagli che supereranno, in forme e vignette diverse, insieme a quelli da 25 (uscito a tutto 1929), da 10, da 5, da 2 e da 1 lira, la prima (1915-1918) e la seconda guerra mondiale (1940- 1945), tenendo presente che, più di quarant’anni dopo, a stampare biglietti dello stesso tipo sarà anche la Repubblica Sociale Italiana (1943-1945), prima, usando le Officine dell’Aquila, e poi stamperie private del Nord. I biglietti della RSI, tuttavia, portano firma del governatore e numerazione diverse da quelle dell’Italia non più in mano fascista.

– Nel 1903, costavano: una rivista, 10 centesimi; una crema da viso, lire 1,30; una confezione di cipria, lire 1,30; un pezzo di sapone, 80 centesimi; una lampada ad acetilene, lire 2,50; un fonografo (giradischi), 12 lire; una confezione di crema per il seno, 6,70 lire; una pipa, 3,50 lire; un ingrandimento di fotografia, 15 lire; una bicicletta, da 120 a 275 lire; una confezione di crema per emorroidi, 5 lire; un orologio da tasca svizzero, 20 lire; lo stesso orologio in oro puro, dalle 80 alle 150 lire; una macchinetta per gelati da casa, lire 2,75; una macchina per la preparazione in casa di spaghetti, 12 lire; un ventaglio automatico, lire 1,50, e una cravatta, forse di qualità, 17 lire…

– Fra il 1935 ed il 1944, il Regno d’Italia emette biglietti, riportanti anche il fascio, nei tagli da 1, 2, 5 e 10 lire. Dal 1926 al 1943, escono biglietti della Banca d’Italia, pure portanti il fascio, nei tagli da 50, 100, 500 e 1000 lire.

– Da notare che, Banca d’Italia operante, i biglietti da 1, 2, 5, 10 e 25 lire portano di massima le scritte, alternativamente, “Biglietto di Stato”, “Regno d’Italia”, “Buono di Cassa”, “Italia”, “Repubblica Italiana” – è, quest’ultimo, il caso del 500 lire 1979 –, mentre tagli più grossi, fino al 500.000 lire del 1997, portano la denominazione “Banca d’Italia”. I primi, infatti, come le monete, sono emessi dal Ministero del Tesoro, gli altri dalla Banca d’Italia stessa. Il 50 lire degli anni Quaranta, pezzo di un certo valore in quel tempo, era di competenza della Banca d’Italia; il 500 lire repubblicano, di cui sopra, è emissione del Tesoro, e, quindi, biglietto sì, ma, da equipararsi, data la svalutazione verificatasi nel corso degli eventi, ad una semplice moneta metallica, da 500 lire…
– Il 18 agosto 1926, entra in vigore la cosiddetta “quota 90”, per cui, con decisione governativa, per nulla in linea con la buona finanza e con la buona economia, la sterlina inglese è cambiata ufficialmente a 90 lire italiane e non più, quindi, a 125 lire, come da quotazione di mercato. Conseguenze negative e positive a parte, il motivo di tale operazione, una rivalutazione, è di dimostrare che l’Italia dispone, fra l’altro, onde imporsi nel novero delle potenze mondiali del tempo, anche di una moneta forte.

– Banconote in lire, sono emesse, fra il 1938 ed il 1939, con la denominazione “Banca d’Italia” e con la scritta in rosso, posta sul margine superiore del dritto, “Serie speciale Africa Orientale Italiana”, ossia, per la circolazione in Etiopia, Eritrea e Somalia, nei tagli da 50, 100, 500 e 1000 lire. Vengono, poi predisposte, nel 1944, banconote da 50 e 100 lire per il “Governo delle Isole Italiane dell’Egeo”, alla fine de secondo conflitto mondiale, restituite alla Grecia.

– 1943-1946: vengono emesse da inglesi, a fine 1943, banconote in sterline (British Military Authority), sostituite, successivamente, da banconote in lire, dette “AM-Lire” – Lire dell’Allied Military Currency - nei tagli da 1, 2, 5, 10, 50, 100, 500 e 1000 lire, laddove, le quattro ultime, hanno aspetto e formato delle banconote in dollari.

– Dal 1946 - oggi: varie sono le coniazioni repubblicane per la circolazione in lire, nei valori di 1, 2, 5, 10, 20, 50, 100, 200, 500 (bimetalliche) e 1000 lire (bimetallico). Importanti, straordinari i pezzi in argento da 500 lire, Caravelle (1957-2001) di Pietro Giampaoli e Guido Veroi; Unità d’Italia (1961); Dante (1965) e quello da 1000 lire, Roma capitale (1970), commemorativi destinati pure alla circolazione. Ogni anno, comunque, e sino al 2001, sono coniati pezzi celebrativi in argento ed in oro in lire, unicamente per il collezionismo.

– 1946-1947: l’Italia, con la sua lira, entra nel consesso di “Bretton Wood”, del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale degli investimenti. I primi biglietti prettamente repubblicani escono, nei tagli da 500 e da 1000 lire, a partire dal 1947, seguiti, quindi, nell’arco di cinquantaquattro anni, dai biglietti da 2000, 5000, 10.000, 20.000, 50.000, 100.000, 200.000 e 500.000 lire, nelle loro diverse varianti.

– In fatto di banconote, e limitandoci ai tagli alti, nel 1947, sono posti in circolazione “titoli provvisori”, in formato un po’ più lungo e più grande d’un normale assegno, da 5000 e da 10.000 lire, seguiti dalle relative banconote da 5000 (1947-1961) e da 10.000 lire (1946-1950). Ma, a Repubblica ormai navigata, nel 1950, escono un biglietto da 500 lire ed uno da 1000 lire, con vignetta e formato in uso sotto la monarchia, pur con qualche variante.

– 1959: la lira è forte, diventa, purtroppo, solo provvisoriamente, moneta di riserva e si vede assegnato il premio internazionale “Oscar delle monete”. Diciamo “provvisoriamente”, perché, per errate politiche, nei decenni successivi, la lira perderà continuamente di valore…, rispetto al dollaro americano, al marco tedesco ed alle altre valute europee. Nel 1956, un marco tedesco, valeva 146 lire e, nel 1992, 2200 lire… Ripreso un po’ di fiato e facendo parte la lira del Serpente Monetario Europeo, un ECU corrispondeva, nel 1996, a 1950 lire…

– Le monete e le banconote sono semplici mezzi di scambio o di pagamento, ma, quantunque non siano spesso bene osservate e trattate da chi le tiene in tasca, pensando egli, ovviamente, esclusivamente ad utilizzarle, esse hanno pur sempre molto di artistico da mostrare: le loro vignette. Esaminando la nostra monetazione e la nostra cartamoneta, non si può fare a meno di rilevare che esse presentano raffigurazioni di ottima qualità, sia dal punto di vista artistico che estetico: due elementi molto evidenti, sia nelle emissioni del Regno che della Repubblica, della quale il biglietto più straordinario è certamente il pezzo da 500.000 lire, il valore più alto, emesso nella storia della lira, con il suo bel “Raffaello”… Una vera opera d’arte, che meriterebbe d’essere incorniciata, quale biglietto da visita delle nostrane ed importanti capacità artistiche. Peccato, che tale pezzo, 1997, non abbia goduto di un periodo di circolazione consono alla sua eccezionale bellezza, dalla quale emergono vigorosamente, oltre allo straordinario artista “Raffaello”, “Galatea” trainata dai delfini, e “la Scuola d’Atene”…


– Il 1° gennaio 2002, la lira cessa di esistere, dopo secoli di circolazione in forma di metallo e di carta e dopo avere attraversato situazioni economico-finanziarie di grande difficoltà, determinate da governi, guerre, congiunture economiche e svalutazioni. Ad essa subentra l’euro, ad un cambio fisso ed irrevocabile di 1936,27 lire per unità monetaria europea, che diventa nostra e quotidiana moneta. Con il che, facciamo parte del grande complesso di ben diciassette Paesi a moneta unica, mirante ad una stabilità, che dipende necessariamente da un’Europa “politica”, che non c’è e che va creata. Da essa ed in essa, devono essere fissate regole comuni ed obbligatorie, in fatto di amministrazione finanziaria in ogni Stato-membro. Il “Patto per l’euro” del marzo scorso è un buon passo avanti. Quanto al cambio fisso, applicato nel 2002 per il passaggio dalla lira all’euro – e questa è pure storia della lira – qualcuno ritiene che si sarebbe dovuto preferire un cambio di 1500 lire per euro. Tale rapporto, tuttavia, avrebbe frenato gli investimenti in Italia e le nostre esportazioni, sebbene, in verità, con esso, su ogni 100.000 lire cambiate, si sarebbero potuti ottenere 15,02 euro in più. Fatto, questo, che però non ci avrebbe assolutamente salvato da quella speculazione immediata e selvaggia, che ha fatto passare, d’un tratto, da 1000 lire ad 1 euro – quasi 2000 lire – il costo d’un determinato prodotto, diminuendo del 100%, quindi, il nostro già basso potere d’acquisto.

Uscendo dai limiti storici, strettamente relativi al percorso della “lira”, conviene segnalare che:
– una moneta “lira” circola fra il 1812 ed il 1813, nel Regno delle Due Sicilie, essendo re Gioacchino Napoleone Murat (1808-1815);
– l’Austria, nell’ambito del Regno Lombardo-Veneto (1815-1866) e, nel 1918, dopo Caporetto, nel Veneto occupato sino alla linea Piave - Grappa, usa la voce “lira”, per la sua locale e provvisoria moneta;
– l’attuale unità monetaria di Turchia è, dal 1933, la “lira turca”;
– la Gran Bretagna – la cui moneta denominiamo in italiano “lira sterlina”, perché derivante dalla “libra” del sistema carolingio, pone in circolazione, nel 1943, banconote in “lire”, in lingua inglese, nella Tripolitania, parte settentrionale della Libia, conquistata all’Italia;
– lo stesso fanno gli Stati Uniti d’America con proprie banconote in “lire”, con scritta “Italy”, in occasione della loro occupazione dell’Italia, fra il 1943 ed il 1945;
– biglietti in “lire”, parte dei quali, con scritte in slavo, e, parte, con scritte in tedesco, vengono emessi, nel 1944, in Slovenia e nella costa di Dalmazia, occupate da italiani e da nazisti;
– anche Josip Broz Tito, presa la Jugoslavia, emette nel 1945 nei territori italiani d’Istria, di Fiume e del Litorale, banconote in “lire”;
– usano la lira, sino al 2002, anche la Repubblica di San Marino e la Città del Vaticano.

La “lira”, dunque, ha una sua lunga storia, durata come accennato sino a tutto il 2001. Storia che, oltre ad essere documentata da leggi, lo è anche dalle belle monete e dalle straordinarie banconote, attraverso le quali essa ha circolato. La “lira” ha contribuito alla crescita, sia pure difficile e lenta, del Paese ed è, quindi, parte integrante della nostra cultura. Un’azione politica, negli ultimi quattro decenni ante 2002, meno condizionata dalla demagogia, avrebbe conferito alla “lira” una vita migliore e maggiore dignità, annullate da un costantemente crescente debito pubblico, che, dal 35% dei primi anni Settanta, è oggi al 120% del PIL, raggiungendo esso, oggi, i 1870 mld di euro.

Notizie tratte dalla rivista del Circolo Filatelico Numismatico Mantovano:
noi con la lente - n. 4 luglio/agosto 2011