Un altro
servizio del “Fatto quotidiano”.
I dati risalgono al 2007 e proverebbero che
Poste sarebbe stata in grado di individuare alcuni degli incaricati che
inviavano le missive per i test.
Ma la
possibilità di individuare chi invia le lettere civetta, e quindi di vanificare
i test della società incaricata, è davvero concreta? Secondo “Il fatto
quotidiano”, che sul tema il 26 maggio ha dedicato la prima pagina ed altre due
all’interno, la risposta è positiva.
“Oltre 10 mila
mail svelano l’inganno”, vi si legge. “Per assicurarsi i 300 milioni annui che
il Governo dà in cambio della puntualità del servizio, l’azienda ha
intercettato il sistema di controllo esterno che ne certifica l’efficienza. Per
anni il personale della spa ha sorvegliato la corrispondenza e l’ha fatta
viaggiare su una «corsia preferenziale» per rispettare gli standard”.
L’argomento non
è nuovo. Il sistema
vigente prevede, in sintesi, che alcune tipologie di invii debbano
statisticamente osservare, per la consegna, dei parametri temporali.
L’esperienza del cittadino normale (e non solo) è che essi non vengano onorati.
C’è una società, la IZI, che da tanto tempo, ora su incarico dell’Autorità per
le garanzie nelle comunicazioni, effettua invii di prova con i plichi ordinari
per vedere come va. Sulla base dei dati che presenta, l’ACCOM stabilisce se
Poste ha onorato le tempistiche. Nel caso non lo avesse fatto, e nel passato è
avvenuto, scattano le sanzioni. Per gli invii tracciati (parte del corriere
massivo e poi raccomandata, assicurata, pacco ordinario), ci si avvale dei
valori sottoscritti direttamente dall’operatore.
Il problema,
sollevato ora dal giornale, è che parte dei collaboratori IZI sarebbe noto a
Poste. Se così fosse, potrebbe garantire alle loro corrispondenze percorsi
privilegiati onde “drogare” gli esiti. L’articolo di Antonio Massari (autore di
un altro intervento nel gennaio 2014) mira a dimostrare che tale pratica sia
stata effettuata. Perlomeno nel 2007, anno di cui avrebbe le prove.
Di certo inesatto è un passaggio, secondo il quale, “a
partire dalla certificazione di qualità, il Governo affida a Poste italiane il
servizio di posta universale che lo Stato italiano paga, in media, almeno circa
(sic!) 300 milioni di euro l’anno”. Il rimborso per garantire il servizio
universale (ossia il recapito anche laddove non è economicamente conveniente) è
previsto a monte, quindi prima delle verifiche sul rispetto degli accordi. Dal
2015 - lo contempla la legge di stabilità - l’assegno avrà un massimo di 262,4
milioni.
Notizie tratte da: VACCARInews del 27.05.2015