Una statua scolpita in loco da Francesco Trani e che rischia oggi di scomparire definitivamente.
E’ bella, austera, la incontri venendo dal Borgo dopo aver attraversato il ponte girevole, sulla sinistra al limite dei giardini. E’ una statua molto particolare “La ninfa Tarantina”, intitolata così perché scolpita da Francesco Trani in loco nel tronco di un vecchio albero morto, una ninfa boschiva così come ha voluto rappresentarla l’artista che sorge proprio dal ceppo e che presto purtroppo sarà definitivamente un bellissimo ricordo. Il suo stato di conservazione peggiora ogni giorno che passa a causa degli agenti atmosferici, gli insetti voraci, il materiale usato, la scarsa manutenzione, l’incuria.
Negli ultimi anni quest’opera originalissima, è stata abbandonata e nessuno se n’è più preoccupato, tranne l’artista naturalmente, che è già intervenuto a suo tempo e a sue spese a fare manutenzione.
I visitatori della nostra città, specialmente del borgo antico, passano meravigliati davanti, qualcuno si fa anche fotografare, molti si interrogano sul motivo per cui un’opera così particolare sia in quelle condizioni. Ora purtroppo non le è rimasto più molto tempo, per salvarla occorrerebbe fare un intervento più specifico, determinato e naturalmente costoso. Ma ci chiediamo, in una città così martoriata dal dissesto, con i problemi di disoccupazione, con la gente che stenta ad arrivare a fine mese, con le strade in pessime condizioni, con i seri aspetti ambientali e con le casse comunali in rosso da tempo è giusto farlo?
La risposta a questo interrogativo presuppone una seria riflessione sul ruolo dell’arte e sul ruolo che la nostra città ha rivestito nel corso dei secoli. Taranto ha avuto nella sua storia millenaria alterne vicende, dallo splendore della Magna Grecia al buio del Medioevo, dall’industrializzazione del secolo scorso e al suo ridimensionamento, dal suo accresciuto ruolo militare strategico al dissesto economico ed amministrativo.
Però l’arte è cultura degli uomini, è espressione di vita, è luce nelle tenebre, quando gli uomini cadono nell’oblio e trascurano l’arte, per la cultura è la fine.
Salvare una “piccola” grande opera come quella di Francesco Trani, autore tra l’altro delle sirene adagiate sugli scogli del Lungomare, può rappresentare un segnale di speranza che andrebbe colto prima che sia troppo tardi.
Massimo Perrini
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