“La strada era vuota, ma appena passato il cartello di Vernasca il motore del mio 125 emise un gemito terribile e si spense – Chiusi gli occhi, pensai a come poteva essere sentirsi artista – Non riuscivo proprio a capire. Ma più non capivo, più mi veniva voglia di fare l’artista. Non è che, mi chiedevo, uno diventa artista così, di colpo, senza saperlo? Si ferma la moto e uno scopre che deve fare l’artista.”
Si consuma in questo modo, “sulla via di Vernasca”, dove la motocicletta l’ha piantato in asso, l’improbabile conversione all’arte di Maurizio Cattelan, uno degli artisti più controversi del nostro tempo.
A raccontarla in prima persona, però, non è lui, ma Francesco Bonami, autore di una singolare “autobiografia non autorizzata”, in cui il celebre critico si trasforma nell’io narrante dell’artista veneto, rievocando le principali tappe della sua carriera e trasfigurandole in una dimensione ironica e surreale.
Figlio di una “famiglia sottoproletaria zen”, paga del poco che ha, cresciuto sobriamente a pane e margarina inzuppato nel caffelatte, in una Padova dove la nebbia “puzza di pesce” e le gesta degli Autonomi monopolizzano la prima pagina del “Gazzettino”, Cattelan approda avventurosamente – non in moto questa volta, ma con la sua amatissima bicicletta – nella Milano degli anni Ottanta, da cui spiccherà il volo per un successo mondiale.
E tra Milano e New York, Venezia e Amsterdam, Londra e Vienna, si impongono le sue opere più famose e scioccanti, da papa Wojtyla colpito da un meteorite a Hitler che prega in ginocchio, dai tre bambini impiccati al provocatorio “ditone medio” che “ha mandato a quel paese in un colpo solo i piagnoni e i ladroni del Bel Paese”, alle numerose installazioni che vedono come protagonisti gli animali.
Un racconto paradossale che si conclude in modo spettacolare e visionario all’interno del museo Guggenheim di New York, con una sorta di onirica redenzione delle opere e del loro autore.
“Come Giorgio Morandi guardava le sue bottiglie così a lungo da farle diventare opere d’arte universali, allo stesso modo Cattelan ha guardato così profondamente i propri difetti da trasformarli in capolavori” scrive Bonami. “Quella che vado a raccontare è una storia vera, una parte è seria, un’altra è una miseria. Serietà e miseria, gli ingredienti che hanno fatto di questo artista un genio dei nostri tempi e di chissà quali altri.”
Un racconto paradossale che si conclude in modo spettacolare e visionario all’interno del museo Guggenheim di New York, con una sorta di onirica redenzione delle opere e del loro autore.
“Come Giorgio Morandi guardava le sue bottiglie così a lungo da farle diventare opere d’arte universali, allo stesso modo Cattelan ha guardato così profondamente i propri difetti da trasformarli in capolavori” scrive Bonami. “Quella che vado a raccontare è una storia vera, una parte è seria, un’altra è una miseria. Serietà e miseria, gli ingredienti che hanno fatto di questo artista un genio dei nostri tempi e di chissà quali altri.”
Edizioni Mondadori - Milano
Collana: Strade blu
Anno di pubblicazione: 2011
Formato 15x21 - brossura
Pagine: 121
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