Dal 3 maggio al 27 maggio 2012 presso la Triennale Design Museum, Bruno Morello, graphic designer e art designer, espone 118 opere grafiche in un progetto di ricerca dal titolo:
che tratta in maniera originale il tema del riuso e del riciclo, sviluppano una riflessione sull’essenza del linguaggio come “gioco comunicativo” e aiutano a guardare con occhi nuovi la realtà quotidiana che ci circonda.
Lettere con carattere: senza con/senso
che tratta in maniera originale il tema del riuso e del riciclo, sviluppano una riflessione sull’essenza del linguaggio come “gioco comunicativo” e aiutano a guardare con occhi nuovi la realtà quotidiana che ci circonda.
Le “lettere morte” recuperate da Bruno Morello sono lettere dimenticate e usurate dal tempo, che, in origine costruivano e comunicavano un messaggio di carattere sociale o commerciale (come per esempio vecchie insegne o cartelli con scritte adesive).
Grazie all’intervento del graphic designer queste “lettere morte” vengono sottratte al processo di decadimento, riprendono vita e veicolano nuovi messaggi.
Bruno Morello inizia a “catturare lettere” nel 2008, quando a New York acquista una macchina fotografica super compatta. Da quel giorno, nei suoi viaggi inizia a fotografare qualsiasi tipo di lettera e numero che incontra, capaci di attrarlo e suscitare in lui un’emozione visiva.
La serie di opere in mostra deriva dalla rielaborazione di 4 fotografie scattate dall’autore casualmente e istintivamente sul ponte di Kensington Gardens a Londra nel novembre 2010.
Dalle 4 fotografie Morello ha ricavato 12 lettere con le quali ha costruito 100 parole. Con le 100 parole ha costruito delle frasi “senza con/senso”, che affrontano temi legati al nostro tempo, passato presente futuro. La font fotografata e con la quale sono costruite le parole è l'Helvetica.
Silvana Annicchiarico, direttore del Triennale Design Museum, afferma: “Variamente combinate, queste lettere malate e invecchiate, questi moncherini di parole, queste frattaglie alfabetiche tornano a fare il lavoro che sempre devono fare le lettere e le parole: quello di produrre senso (ovviamente, senza con/senso). Quello di essere veicoli di significati. Ciò che il tempo o il caso hanno scomposto e diviso, viene ricomposto e riaggregato dal gesto di Bruno Morello: che si offre, in tal modo, quasi come un paradigma di ogni gesto che ambisca – in un modo o nell’altro – a essere «arte»”.
Mario Piazza, curatore della mostra, scrive: “Morello attraversando un uggioso parco londinese vede delle lettere caduche come foglie autunnali. Stanno per decomporsi. Sbiadire fra umidità fumose. Svanire per sempre e lasciare il posto ad altri segni, altre tracce alfabetiche delle necessità comunicative. Quello che non viene visto dallo stanco passante, dal turista frettoloso e dal cittadino annoiato viene invece registrato dall’occhio grafico di Morello. Non è una fine allora la scivolante lettera, bagnata e deformata. È una genesi. Questa nuova vita ricorda certe bellissime pagine della rivista Typographica di Herbert Spencer, pubblicata a Londra in due serie di sedici numeri ciascuna tra il 1949 e il 1967. In essa un nero calcografico faceva splendere come un radioso sole i fantasiosi tombini in ghisa che trovavi nelle strade. O la materialità e la nuova figurazione che venivano ad assumere le lettere delle insegne o i segni del traffico nella città. Morello sembra voler proseguire queste sperimentazioni e chirurgicamente fotografa il reperto e con impeto cesellatorio fa emergere il “corpo molle” delle lettere. Ora allineate, esse danzano. Le imperfezioni del tempo ora interpretano flessuose coreografie. Il nero fotografico (e potremmo dire anche tipografico) panneggia questi movimenti sottratti al declino. Prendono consapevolezza, flettono e s’innalzano, s’inchinano e s’arricciano.
Silvana Annicchiarico, direttore del Triennale Design Museum, afferma: “Variamente combinate, queste lettere malate e invecchiate, questi moncherini di parole, queste frattaglie alfabetiche tornano a fare il lavoro che sempre devono fare le lettere e le parole: quello di produrre senso (ovviamente, senza con/senso). Quello di essere veicoli di significati. Ciò che il tempo o il caso hanno scomposto e diviso, viene ricomposto e riaggregato dal gesto di Bruno Morello: che si offre, in tal modo, quasi come un paradigma di ogni gesto che ambisca – in un modo o nell’altro – a essere «arte»”.
Mario Piazza, curatore della mostra, scrive: “Morello attraversando un uggioso parco londinese vede delle lettere caduche come foglie autunnali. Stanno per decomporsi. Sbiadire fra umidità fumose. Svanire per sempre e lasciare il posto ad altri segni, altre tracce alfabetiche delle necessità comunicative. Quello che non viene visto dallo stanco passante, dal turista frettoloso e dal cittadino annoiato viene invece registrato dall’occhio grafico di Morello. Non è una fine allora la scivolante lettera, bagnata e deformata. È una genesi. Questa nuova vita ricorda certe bellissime pagine della rivista Typographica di Herbert Spencer, pubblicata a Londra in due serie di sedici numeri ciascuna tra il 1949 e il 1967. In essa un nero calcografico faceva splendere come un radioso sole i fantasiosi tombini in ghisa che trovavi nelle strade. O la materialità e la nuova figurazione che venivano ad assumere le lettere delle insegne o i segni del traffico nella città. Morello sembra voler proseguire queste sperimentazioni e chirurgicamente fotografa il reperto e con impeto cesellatorio fa emergere il “corpo molle” delle lettere. Ora allineate, esse danzano. Le imperfezioni del tempo ora interpretano flessuose coreografie. Il nero fotografico (e potremmo dire anche tipografico) panneggia questi movimenti sottratti al declino. Prendono consapevolezza, flettono e s’innalzano, s’inchinano e s’arricciano.
Come in una sorta di lapdance si aprono ad un inedito spettacolo. Desiderano continuare a mandare messaggi, grazie all’occhio e alle mani di Morello”.
Bruno Morello è libero professionista dal 1993 ed è socio AIAP (Associazione Italiana Design della Comunicazione Visiva) dal 2000. Ha progettato per editori, musei, e numerose istituzioni culturali. Impara il mestiere agli inizi degli anni Novanta presso lo studio Graphiti di Firenze, con Andrea Rauch e Stefano Rovai.
Bruno Morello è libero professionista dal 1993 ed è socio AIAP (Associazione Italiana Design della Comunicazione Visiva) dal 2000. Ha progettato per editori, musei, e numerose istituzioni culturali. Impara il mestiere agli inizi degli anni Novanta presso lo studio Graphiti di Firenze, con Andrea Rauch e Stefano Rovai.
I suoi lavori sono pubblicati in varie riviste e volumi di grafica, esposti in mostre e biennali Internazionali.
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