Riportiamo volentieri l’articolo di Gabriele Bertocchi
pubblicato su il Giornale.it, domenica 18 febbraio 2018.
Migliaia
di lettere, documenti e francobolli sequestrati ai collezionisti. Nemmeno una
circolare del Ministero dei beni culturali ferma i pm.
Collezioni francobolli? Stai attento perché per la giustizia
italiana sei un potenziale delinquente. Non stiamo scherzando: secondo i
magistrati - che stanno ordinando sequestri a tappeto - se il francobollo è o
era incollato su una busta indirizzata a un ente pubblico potresti essere
incriminato per i reati di ricettazione o di incauto acquisto.
I casi
Le interpretazioni dei magistrati si basano su una legge del
2004, che stabilisce che le missive o i documenti spediti a un ufficio pubblico
dal 1840, che sia lo Stato o anche Regioni, enti territoriali, persone
giuridiche private senza fini di lucro, enti ecclesiastici compresi gli Stati
ed enti dell' Italia preunitaria, sono "beni culturali inalienabili",
come scrive la Verità. Ovvero documentazione storiche che deve essere custodita
negli archivi statali. E secondo i giuristi anche il fancobollo è da
considerarsi tale.
Sulla base della legge e dell'interpretazione dei magistrati
sono incriminati dalla Procura di Cosenza per ricettazione un collezionista di Sant'
Agata d' Esaro e sua moglie: avevano ben 13.470 lettere, tutte finite sotto
sequestro. Documenti aggiudicati all'asta e che comprendevano lettere
indirizzate a preture e prefetture o a Benito Mussolini o addirittura a
Vittorio Emanuele III e alla sua consorte, Elena di Savoia. Tutto è finito in
mano alla Soprintendenza archivistica in attesa del processo.
Ma c'è di peggio. È il caso di Giovanni Valentinotti di
Pesaro, manager in pensione e collezionista. A lui carabinieri del Nucleo
tutela patrimonio artistico hanno portato via oltre 12.000 pezzi. Tutto per
colpa del web, luogo in cui offriva i sua carteggi di valore. Documenti emanati
dai carabinieri pontifici di Bologna nel 1820, dal prefetto del dipartimento
del Reno nel 1808 e dalla Commissione delle acque di Ferrara nel 1804. Carte
che scottano secondo i pm e quindi da considerara "beni culturali,
inalienabili e incommerciabili". Per i magistrati non conta nemmeno che
Valentinotti abbia ottenuto i documenti pagandoli 2 milioni di lire alla discarica
di Coriano di Rimini. Il Riesame ha dato ragione al collezionista ma la Procura
di Pesaro ha nuovamente disposto il sequestro con la giustificazione "erano
documenti destinati alla distruzione e venivano reimmessi illecitamente in
circolazione". La colpa quindi è di chi compra non dell'ente che ha
mancato ai suoi compiti, quindi alla distruzione della carte. Disavventura
identica a quelle di un commerciante filatelico di Rivoli che dopo aver
acquistato francobolli e lettere dalla Croce Rossa se gli è visti portare via.
Se acquisti materiali, se li vendi online o su internet
vieni considerato un ricettatore o commetti il reato di incauto acquisto.
"Lo Stato mette sotto processo cittadini il cui unico torto è essersi
fidati dello Stato stesso che li invitava a comprare quelle lettere di cui si
era disfatto attraverso gli spogli - ammette Carlo Giovanardi, senatore di Idea
e presidente del circolo filatelico di Montecitorio a La Verità - stiamo
parlando di centinaia di milioni di lettere la quasi totalità delle quali
deriva dallo spoglio effettuato dalle amministrazioni pubbliche, sulla base di
leggi che prevedevano che le tonnellate di materiale così scartato venisse
consegnato alla Croce rossa, per essere mandato al macero o venduto ai
collezionisti".
E pensare che le procure non badano nemmeno alla circolare
emessa dal ministero dei Beni culturali in cui si fa un distinguo tra buste o
lettere trafugate dagli archivi, con relativa denuncia di furto, e i milioni di
pezzi detenuti legittimamente dai collezionisti. "A nulla sono valse le
circolari del ministero - sottolinea Giovanardi -, mentre in zona Cesarini
siamo riusciti a bloccare un disegno di legge sull' estensione di sanzioni
penali in materia di reati contro il patrimonio culturale, che colpisce chiunque
possiede beni culturali di cui non si precisa la natura".
E così la lotta dei pm prosegue. Rischiando di affondare un
mercato da 120 milioni di fatturato l'anno.