TOTTA e DYLAN

L’ingiuriometro

D'ora in avanti occorre fare attenzione al modo di reagire di fronte a un torto ricevuto. O meglio sarà necessario valutare fino a che punto ci si può spingere con l'uso di parole offensive. Gli “ermellini” fanno rilevare che oggi si usa con troppa facilità il “vaffa” e consigliano quindi di reagire in modo più pacato.
Insomma se proprio dovete reagire ad un torto ricevuto, anziché mandare “a quel paese” qualcuno, ditegli semplicemente “non infastidirmi”.
I supremi giudici prendono spunto da un caso di ingiuria e ne fanno occasione per stilare un vero e proprio “ingiuriometro”: un misuratore dell'ingiuria.
In certe situazioni, spiega la Corte - Sentenza n. 30956/2010 - è difficile “eliminare i toni accesi e le espressioni pesanti”, specie se ci si trova in un “contesto di polemica” come accade in politica, ma dato il dilagare sempre più massivo delle ingiurie “ai fini di accertare se sia leso il bene protetto dall'art. 594 c.p. occorre fare riferimento ad un criterio di media convenzionale”.

In altri termini per stabilire se un “vaffa” è da considerarsi offensivo occorre fare riferimento “alla personalità dell'offeso e dell'offensore e al contesto nel quale la frase ingiuriosa è stata pronunciata”.
Secondo la Corte vi può essere tolleranza se il turpiloquio avviene in un contesto “ioci causa” (per scherzo) o tra soggetti in posizione di parità, insomma “in situazioni che non richiedono manifestazione di specifico rispetto”.

Notizie tratte da: STUDIO CATALDI / Portale di informazione giuridica

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